Amica garzetta

Come spesso mi capita nei primi mesi dell’anno scolastico, sono ammutolita. Troppo occupata a sopravvivere: prima allo spaesamento iniziale, poi allo svolgersi rapido e denso del primo trimestre nell’istituto tecnico industriale dove sono in servizio. Ma come? Non ero tra piccoli e adorabili individui?!

Ebbene, signore e signori, quattro giorni è durata la mia supplenza alle medie! Cinque, contando la domenica. Poi sono tornata alle superiori, con un corposo contratto fino al 30 giugno (corposo all’apparenza, ché ho cominciato a ricevere lo stipendio a metà dicembre).

E sì che era bastato un attimo per individuare i lati positivi del mio incarico tra preadolescenti cittadini e formulare il seguente pensiero: io qui resterei volentieri tutto l’anno. Errore! Mai dimenticarsi della legge di Murphy dei supplenti, che recita:

Se vuoi restare in una scuola, finirai in un’altra.

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Sai come funziona a scuola 2

Venerdì, tre giorni dopo l’inizio ufficiale, ero già a scuola. Mai successo di iniziare così presto. Né mai sospettato, negli ultimi tempi, di tornare a insegnare alle medie! In effetti, eccetto due brevi parentesi iniziali, ho sempre preso incarichi alle superiori, dove ho accumulato più punteggio e maggiori chance di essere contattata prima. Quest’anno poi ne ero certa: nell’aggiornare la mia situazione per le nuove graduatorie, ho scelto 17 scuole superiori e 3 medie. Mica mi chiamerà proprio una di queste tre, mi dicevo… E invece!

(A proposito di certezze, a settembre per i supplenti ce ne sono tre: la purissima casualità che li condurrà in una scuola anziché in un’altra; l’assunzione fino ad avente diritto; un orario magari non pieno, ma che includa le prime ore del lunedì e le ultime del sabato. Alle generali certezze settembrine, si aggiungono poi alcune regole tutte personali: mai tornare nello stesso istituto, almeno non consecutivamente; evitare, se possibile, lo stesso ordine di scuole, la stessa utenza, la stessa zona. Perché ormai si sa… Ricominciare da zero è una tentazione troppo forte!)

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Una parentesi

In questo mio anno scolastico quasi tutto all’insegna degli adulti, c’è stata una parentesi. Per quanto sbocciata a maggio, nel mese delle rose, non è che abbia avuto esattamente una fragranza fiorita.

Diciamo che odorava più di adolescenti. Di adolescenti aspiranti meccanici e carrozzieri. Di adolescenti aspiranti meccanici e carrozzieri che dovevano prepararsi a un esame. Non so se mi spiego. (altro…)


Vadi, contessa, vadi! 2

Non sono tutti casi straordinari, i miei studenti in carcere. Certe vette spigolose, per fortuna, non si raggiungono facilmente ed ecco a voi uno scenario di classe un po’ più rotondo: niente cocuzzoli, ma poggi e valloncelli.

Illustrazione di Agustin Comotto

Prendete lui. Un tale molto simpatico e un po’ in difficoltà con la mia materia, uno che se gli chiedo l’ora capace che tenti di filarsela dicendomi che mancano cinque minuti alla fine della lezione (non fosse che sono appena entrata!); un tale che ha un’età (sostiene lui) per cui potrebbe essere mio padre e che quindi (immagino io) si cruccia per il futuro di quelli che potrebbero essere i suoi figli, soprattutto se hanno avuto l’idea balorda di restare dove sono nati, cioè in Italia. (altro…)


Di un caso straordinario

Prima della parentesi Catarella, si parlava di persone dall’aria provata e l’animo sospeso nell’incessante noia.

“Occhio al mosaico” di Francesca Zoboli

È difficile, secondo me, resistere anche a una sola fetta di quella cosa enorme che è la perdita della libertà personale: la libertà di scegliere le persone con cui condividere tempo spazio intimità, la libertà di muoversi e agire in autonomia, ma non solo… Ci sono privazioni magari più sottili ma altrettanto aspre: avete mai pensato alla mancanza del silenzio, per esempio? Come ho già scritto, in carcere c’è sempre rumore: di giorno, ma anche di notte, quando gli strazi e le astinenze restano svegli e chiassosi. Il silenzio, si sa, serve anche per un percorso scolastico: i detenuti, però, non riescono a studiare nella loro sezione perché impossibilitati a concentrarsi (nonché a grande rischio irrisione: cosa pensi di fare con quei libri? Chi ti credi di essere?) e non possono studiare nelle più tranquille aule perché non hanno il permesso di frequentarle al di fuori dell’orario delle lezioni. E avete mai pensato agli spifferi? Sono solo soffi, eppure d’inverno, in una cella, devono dare il tormento.  (altro…)