Sai come funziona a scuola 2


Venerdì, tre giorni dopo l’inizio ufficiale, ero già a scuola. Mai successo di iniziare così presto. Né mai sospettato, negli ultimi tempi, di tornare a insegnare alle medie! In effetti, eccetto due brevi parentesi iniziali, ho sempre preso incarichi alle superiori, dove ho accumulato più punteggio e maggiori chance di essere contattata prima. Quest’anno poi ne ero certa: nell’aggiornare la mia situazione per le nuove graduatorie, ho scelto 17 scuole superiori e 3 medie. Mica mi chiamerà proprio una di queste tre, mi dicevo… E invece!

(A proposito di certezze, a settembre per i supplenti ce ne sono tre: la purissima casualità che li condurrà in una scuola anziché in un’altra; l’assunzione fino ad avente diritto; un orario magari non pieno, ma che includa le prime ore del lunedì e le ultime del sabato. Alle generali certezze settembrine, si aggiungono poi alcune regole tutte personali: mai tornare nello stesso istituto, almeno non consecutivamente; evitare, se possibile, lo stesso ordine di scuole, la stessa utenza, la stessa zona. Perché ormai si sa… Ricominciare da zero è una tentazione troppo forte!)

Comunque. Venerdì mattina, poco prima delle otto, ero davanti alla scuola dove di lì a poco avrei preso servizio. Ed ero contenta. Mentre attraversavo la strada insieme a gruppi di ragazzini e pensavo a quanto fosse buffo e ancora in divenire il loro aspetto di undici-tredicenni, sono stata riportata di colpo al mondo – elegante ed esemplare – degli adulti:

PORCA TROIA! Ho detto di spostarla, quella macchina!” urla la mamma numero 1 alla mamma numero 2, intenta ad accompagnare la figlia fino all’entrata, con passo svelto e sorriso vagamente diabolico.

Molto bene.

Avevo ancora negli occhi il breve ma sonoro duello tra mamme ed ecco che dinnanzi a me si apre il secondo significativo spettacolo della mattina: l’atrio della scuola traboccante di galline ovaiole piccoli e adorabili individui, allegramente stipati e chiassosi.

In segreteria le cose vanno per le lunghe. A un tratto entra una signora (assistente amministrativa, docente, vicepreside, preside… chi può dirlo?) che domanda seccata:

C’è una classe scoperta… Dov’è Tizia?

Ah, mi aveva detto qualcosa… Devo controllare le email… Credo che abbia chiesto un permesso per accompagnare il figlio a…” – risponde una delle segretarie.

Mi stai dicendo che Tizia, che ha appena preso servizio, ha già chiesto un permesso?” – la interrompe la signora Chipuòdirlo, andandosene. Dall’altra stanza, mi arriva ancora la sua voce: “Quando eravamo giovani noi, i supplenti erano giovani e non dovevano chiedere permessi per via dei figli!

Smetto un istante di compilare dati e penso, sentendo sparire bruscamente una buona dose della mia contentezza:

  1. È vero.
  2. Che stronza.
  3. Chissà se si rende conto della fortuna che ha avuto, la stronza.

Riprendo a scrivere, ancora disturbata da qualche pensiero intermittente…

Dopo aver finalmente terminato con la burocrazia, mi avvio verso la sede dell’istituto dove devo fare lezione, che sta da un’altra parte. Ma resto bloccata in cortile perché il campanello interno non funziona. Poi resto bloccata fuori dall’altra scuola perché il citofono dell’entrata laterale non funziona. Ed è così che, in pochi minuti, seppellisco anche gli ultimi zampilli di contentezza per la nuova avventura.

Dentro, per fortuna, la bidella mi accoglie tutta festosa e mi accompagna dalla responsabile di plesso, che mi conduce in classe, dandomi il benvenuto con alcune di quelle svelte informazioni che ci si scambia di solito tra insegnanti (“è una bellissima classe”, “quello è un DSA, quello invece no, però è… come dire… è un po’ un babao, ecco”).

La bellissima classe consta di ragazzini di stazza e colori differenti, ma tutti con i compiti estivi svolti. Cioè: sapevano che la loro professoressa sarebbe andata in pensione eppure hanno fatto i compiti… Sono sconvolta! E non c’è neanche una lettera di un genitore a spiegare quanto i compiti siano deleteri e che voi avete nove mesi per dargli nozioni e cultura, io tre mesi per insegnargli a vivere. Davvero sconvolta!

La prima domanda che mi viene posta con una certa agitazione, chiaro segno che il caotico balletto iniziale dei supplenti è noto e nuoce anche ai bambini, è: “Ma lei rimarrà tutto l’anno?

Certo” è la mia pronta risposta, triste segno che i supplenti d’oggi, oltre a non essere più giovani, non sono neppure onesti.

Dopo il brillante debutto sotto il segno della menzogna, proseguo ad ascoltare le presentazioni. Presentazioni da scuola media, diciamo.

Sono A., sono maschio e sono basso. La mia materia preferita è la ricreazione e a scuola spaccio bustine di Dietor, di sale e di cannella, ma soprattutto di Dietor.

Il tempo vola e in un attimo è ricreazione, dove ho modo di assistere a un ingorgo di galline ovaiole piccoli e adorabili individui sulle scale. Quando penso di aver finito, la responsabile mi ferma. C’è bisogno di una supplenza nella classe del maschio basso spacciatore di Dietor. Trattasi di “una supplenza pagata, eh. Non da subito, però. Sai come funziona a scuola…


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