Lunedì
Breve passeggiata fuori e dentro il Castello. Io cerco fiori da fotografare e il mio cane l’amico operatore ecologico che gli regala coni gelato (e che a me chiede: ma sei uscita in pigiama?). In auto alzo il volume della musica per spegnere i pensieri in bilico tra il diciannovesimo giorno di guerra e il primo giorno di un’altra settimana di scuola.
Un’ora di osservazione nella classe del mio tutor. Mi piace. Fosse arrivata dieci anni fa avrebbe avuto un altro senso, ma tant’è. Anche lui è in bilico tra l’Ucraina e l’epica, così un po’ si parla dei ragazzi scappati dalla guerra che presto siederanno ai nostri banchi, un po’ del Pelìde Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli achei.
Dagli Achei alla mia oasi felice di alfabetizzazione è un attimo: strappare agli studenti stranieri due parole di italiano e un sorriso dietro la mascherina è la mia missione speciale.
Ma dura poco: eccomi già nella prima dei perennemente sospesi (oggi solo quattro). Prendete il libro di grammatica, dico, e il re dei sospesi, prontissimo, prende dallo zaino una scatola di cereali, una bottiglia di latte e un bicchiere (fai il bravo, non mettermela la nota, dirà poi al collega di sostegno).
Non vorrei, ma mi tocca, la spina di storia alla sesta ora nella seconda regionale. Causa stage (cari gommisti, vi sono vicina), ci sono solo sei studenti, ma l’aut aut resta lo stesso: o il cellulare o il bordello. Insisto e alzo la voce. Loro il volume della musica. Contratto. Paziento. Mi arrabbio. Riprovo. Ma perché vuoi fare la seria? Già, perché? (altro…)