macchinette


Di luna e cime tempestose

“Ora ricomincia la scuola e ho la testa piena di pensieri e di doveri” scrive uno studente nel tema. È proprio così. Anche per noi insegnanti si affacciano di nuovo i pensieri delle lezioni da preparare e dei compiti da correggere, i doveri delle riunioni e delle scadenze burocratiche. C’è il ritmo da ritrovare, soprattutto. Il buon umore, però, ancora resiste quando scivolo nel traffico quasi ragionevole del mattino presto e quando, prima che suoni la campanella, mi attardo alle macchinette per un espresso lungo (!) e qualche chiacchiera con i colleghi. (altro…)


Chicca #48

Tre ragazzi, di cui due miei studenti, sono seduti in adorazione di fronte alle macchinette, a cui lanciano sguardi mesti. Quando mi vedono passare con il caffè in mano, uno di loro si butta:

– Profe, ma lei non ha mica la… la… –  e fa un gesto stanco con il braccio.

– La chiavetta?

– Sì, ecco.

– No.

– Non è vero! –  interviene l’altro.

– Certo che è vero.

– E ha da cambiarmi dieci euro?

– No, ma ho delle monete. Vuoi che ti faccia un prestito?

– No, a me i prestiti non piacciono. Può offrire, però. Se vuole. Decida lei…

– Ah! E che cosa vorresti?

– Tasto 40, sono sessanta centesimi.

– Tieni.

– Grazie profe! Ma siete bravi alla fine voi insegnanti, siamo noi studenti ad essere coglioni!

 

 


Una mattina di aprile

Mi sveglio presto presto causa temi da correggere e decido di rinunciare alla colazione per solidarietà con il mio cane. Dopo soli due temi, però, non resisto e, in piedi, ingollo un pezzo di torta con un po’ di caffè riscaldato. Un supplizio: non lo vedo, ma lo sento sulla schiena il suo sguardo di animale costretto al digiuno, affamato e afflitto. Proprio una brutta colazione. Proprio un’umana incapace di gestire con distacco le cose canine. Di nuovo, non resisto: mi volto e gli regalo un mucchietto di briciole. Lui giura di non dirlo alla veterinaria.

Poi un bacio a Gianpazienza, Spotify in auto e i papaveri lungo la ferrovia. A scuola, un caffè alle macchinette, qualche veloce chiacchiera su documenti e scadenze e la campanella che suona mentre sto facendo la pipì. (altro…)


Diario di una settimana di marzo

Lunedì

Breve passeggiata fuori e dentro il Castello. Io cerco fiori da fotografare e il mio cane l’amico operatore ecologico che gli regala coni gelato (e che a me chiede: ma sei uscita in pigiama?). In auto alzo il volume della musica per spegnere i pensieri in bilico tra il diciannovesimo giorno di guerra e il primo giorno di un’altra settimana di scuola.

Un’ora di osservazione nella classe del mio tutor. Mi piace. Fosse arrivata dieci anni fa avrebbe avuto un altro senso, ma tant’è. Anche lui è in bilico tra l’Ucraina e l’epica, così un po’ si parla dei ragazzi scappati dalla guerra che presto siederanno ai nostri banchi, un po’ del Pelìde Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli achei.

Dagli Achei alla mia oasi felice di alfabetizzazione è un attimo: strappare agli studenti stranieri due parole di italiano e un sorriso dietro la mascherina è la mia missione speciale.

Ma dura poco: eccomi già nella prima dei perennemente sospesi (oggi solo quattro). Prendete il libro di grammatica, dico, e il re dei sospesi, prontissimo, prende dallo zaino una scatola di cereali, una bottiglia di latte e un bicchiere (fai il bravo, non mettermela la nota, dirà poi al collega di sostegno).

Non vorrei, ma mi tocca, la spina di storia alla sesta ora nella seconda regionale. Causa stage (cari gommisti, vi sono vicina), ci sono solo sei studenti, ma l’aut aut resta lo stesso: o il cellulare o il bordello. Insisto e alzo la voce. Loro il volume della musica. Contratto. Paziento. Mi arrabbio. Riprovo. Ma perché vuoi fare la seria? Già, perché? (altro…)