Vadi, contessa, vadi! 2


Non sono tutti casi straordinari, i miei studenti in carcere. Certe vette spigolose, per fortuna, non si raggiungono facilmente ed ecco a voi uno scenario di classe un po’ più rotondo: niente cocuzzoli, ma poggi e valloncelli.

Illustrazione di Agustin Comotto

Prendete lui. Un tale molto simpatico e un po’ in difficoltà con la mia materia, uno che se gli chiedo l’ora capace che tenti di filarsela dicendomi che mancano cinque minuti alla fine della lezione (non fosse che sono appena entrata!); un tale che ha un’età (sostiene lui) per cui potrebbe essere mio padre e che quindi (immagino io) si cruccia per il futuro di quelli che potrebbero essere i suoi figli, soprattutto se hanno avuto l’idea balorda di restare dove sono nati, cioè in Italia.

Una mattina in cui abbiamo avuto modo di conversare un po’, mi ha raccontato che ha abitato a lungo in Sud America e dal tono lo sguardo la luce si vedeva che, benché sedesse a fianco di una finestra tutta sbarre affacciata a un mesto muro lombardo, il suo cuore dimorava ancora in zona Colombia, insieme alla compagna e al figlio di lei. Io, lo ammetto, do sempre molte soddisfazioni quando si parla di altrove… Tra l’altro per animarmi basta molto meno delle Americhe, va bene pure quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, va bene Skopije, va bene Viserbella di Rimini. Va bene tutto ciò che abbia il sapore, se non di un grande viaggio, almeno di una piccola scoperta. Detto questo, a me piace vivere dove vivo. Sì, lo so: di professione faccio la supplente e la vicesindaca vorrebbe far diventare Gianpazienza volontario della cultura. È vero, i terreni della nostra città sono intrisi di diossine e di pcb (per non parlare della nube tossica che avvolge casa nostra causa perfidi peti canini!) e sì, da queste parti ci piazziamo bene perfino nella classifica del caro vita, senza però godere dello skyline di Singapore… Lo so, lo so! Eppure a me piace vivere qui e questo, per alcuni, risulta inconcepibile.

“Un giorno, senza un perché” di Davide Calì e Monica Barengo

E così… Vadi, vadi via! si accende il tale che potrebbe essere mio padre, in quella nostra parentesi di conversazione. Mentre io lo guardo, incerta se stia citando Fantozzi o faccia sul serio, lui prosegue: In Italia non ci sono possibilità! Lasci stare i miei problemi giudiziari… Qui non c’è futuro. Anche il professore di diritto, che sta andando in pensione, dice che faccio bene a consigliarle di andar via dall’Italia… Si interrompe un istante e mi guarda: non devo sembrargli una tipa da Colombia, così prosegue: Lasciamo perdere il Sud America, va bene anche l’Inghilterra… Poi decide di abbassare ancora il tiro: Facciamo la Svizzera, dai! Lo sa, no, dov’è Lugano? (a questo punto è chiaro che mi ha presa per la figlia scema…) Si parla italiano, là! Le pago io il biglietto!

Insomma, tra i miei studenti, c’è chi pagherebbe per farmi sparire… E c’è anche un signore dall’aria stropicciata che mi saluta stringendomi il mignolo. Reduce da un brutto incidente, sembra che abbia dei problemi con la memoria a breve termine, il che è una faccenda complicata in generale, figuriamoci per chi ha deciso di riprendere gli studi… Comunque sia, alla vigilia della verifica si è alzato alle tre di notte per studiare, chiudendosi in bagno per non disturbare il compagno di cella, e l’altro giorno è venuto da me trafelato per pormi il seguente quesito: Ma noi l’abbiamo studiato o no, Giancarlo Magno?!

C’è poi quello tormentato dall’omologazione imperante che ha invaso la società e i giovini e il popol tutto e quello che interpreta ogni cosa come un tentativo di manipolazione psicologica, ma ogni cosa eh, anche l’esordio de Le confessioni di un italiano di Ippolito Nievo, anche i laboratori in carcere… C’è chi è appassionato di fantascienza e pure di commenti come: Hanno fatto bene ad ammazzarlo, una checca in meno.

Nelle mie classi c’è anche l’uomo più gentile del mondo… Sul serio: il suo è un dono che cresce spontaneo tra sorrisi sinceri e una marcata cadenza veneta; è appassionato di giardinaggio, ma pare che non riesca mai a vedere i frutti del suo impegno verde perché appena spunta qualcosa di quasi maturo nelle aiuole che cura, zac!, glielo fregano.

E ancora, ci sono donne lontane dai figli e ragazze lontane dai genitori.

“L’aggiustacuori” di Gabriel Pacheco

Ci sono studenti che frequentano la scuola per passare il tempo con qualche stimolo e studenti che sperano semplicemente nella buona condotta. Ci sono persone che proprio in prigione hanno scoperto o ritrovato o rafforzato la fede, una fede che li sostiene e li consola, e che mi auguro li conduca un giorno a restare con il cuore aperto anche di fronte a chi coltiva una spiritualità diversa dalla loro o a chi sente di procedere, più o meno serenamente, verso il nulla eterno (perché, ve lo dico, io sbuffo di fastidio e noia nel leggere lo spaesamento e la delusione sul volto della persona pia quando prende coscienza che io non lo sono affatto).

C’è chi deve fare i conti con le proprio dipendenze e mica solo dalla droga… Vorrei che tutti conoscessero questa piaga sociale: si chiama ”ludopatia” ed è la dipendenza patologica dai giochi elettronici o d’azzardo, ha scritto in un testo un ragazzo africano, che ha iniziato la sua vita italiana raccogliendo pomodori e botte a Rosarno e ora è in carcere per questioni legate al gioco.

C’è questo e moltissimo altro, nelle mie classi. C’è una ricca varietà di persone e storie ed esperienze, che non conosco davvero ma annuso e sfioro, legate insieme da un fil rouge. Anzi, da due.

Primo: anche lì, come in ogni aula scolastica che si rispetti, gli studenti copiano. E poi – il libro aperto sulle ginocchia, gli appunti sotto il foglio della verifica, le stesse parole del giornale dentro un tema – negano. Davvero. Con le spalle larghe e i capelli bianchi, copiano. E subito dopo, con convinzione e sbigottimento, negano.

Secondo: tutti hanno l’aria di condividere la stessa attesa. E qualcuno lo fa in poesia…

Attendo di vedere
Un cielo stellato
Finalmente
Non più quadrettato

“Stormo” di María Julia Díaz Garrido e David Daniel Álvarez Hernández

P.S. Mi perdoneranno le persone pie, ma a proposito di dipendenze… Se ci pensi scopri che/ ti droghi pure te! Io, per esempio, mi strafaccio di carezze e baci con Gianpazienza. Così per dire.

P.P.S. Viva Giancarlo Magno!


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2 commenti su “Vadi, contessa, vadi!

  • slv

    e w anche Napolone !!! citazione del mio alunno domestico …. che dice che Carlo Magno e Nerone li farà in terza perchè non si ricorda di averli già studiati STELLINO LUI !
    la profe sei tu però mhm richiamino all’etimologia !!!
    Dizionari > Traduzioni > Latino-Italiano >
    pius, a, um agg pio, religioso, devoto, tenero, affettuoso, doveroso, sacrosanto
    fides, -ēi sf fiducia, fede, credito, lealtà, probità, autenticità, documento, parola data, garanzia, impunità, giuramento
    mumble mumble non proprio sinonimi !!! perchè li equipari ? ehm al di là dell’etimologia il pio-devoto fa sbuffare a prescindere, il fedele che ha fiducia e speranza (nello specifico in carcere !) mi ben predispone 🙂

    • dicebeatrice L'autore dell'articolo

      Grande il tuo alunno domestico! 😀

      Sulla questione etimologica hai senz’altro ragione, ma io non intendevo equiparare i due termini… Chi mi fa sbuffare (e purtroppo incontro spesso, dentro e fuori dal carcere) è solo il pio-devoto che giudica l’altro a seconda della sua credenza o non credenza in Dio (o nel “suo” Dio). A me ben predispongono tutti coloro che hanno fiducia e speranza, che professino o meno una dottrina religiosa! 🙂