Sono spuntati i papaveri lungo i binari della ferrovia. E ieri è addirittura piovuto. Significa che devo tornare a scrivere.
Alcune cose di questi mesi, in ordine sparso.
Durante un’uscita didattica, ho osservato da vicino le fatiche legate alla disabilità: le rampe di scale per raggiungere i binari della stazione, la banchina bassa che rende difficoltosa la salita in treno, i gradini nel cortile del museo, la sala che non si può visitare perché non raggiungibile con l’ascensore. Ci sono anche quei biglietti che, se conservati, permettono alle famiglie l’accesso scontato alla mostra. Lo dico contentona alla classe mentre li distribuisco, un attimo prima di accorgermi che ne mancano due. Quelli dei due studenti con disabilità, entrati gratuitamente. Non solo barriere architettoniche, anche sottili, sbadate discriminazioni.
Ho vissuto più volte di quante avrei voluto lo strazio del tema in classe, che si potrebbe riassumere nella frase di un mio studente di quinta: “Il mio pensiero è troppo vasto per metterlo per iscritto”. Così cincischio, faccio casino, mi infilo nel cellulare e consegno una manciata di righe davvero poco serie.
Durante un incontro fra studenti e detenuti all’interno di un carcere, ho ascoltato e apprezzato resoconti sinceri, riflessioni stimolanti. L’insistenza con cui i detenuti hanno detto ai ragazzi “non fate i malandrini; non fate cazzate; non è un bel posto questo” mi ha fatto però venire il sospetto che la reclusione dei miei studenti del professionale di meccanica non fosse per loro da considerarsi una faccenda lontana. E mi è dispiaciuto.
Sono rimasta inchiodata alla cattedra per un’intera ora, sotto le scarpe il pallone che fino a un momento prima era rimbalzato tra finestre e soffitto. Ho restituito le carte da briscola solo alla fine della mattinata. Ho requisito un milione circa di cellulari, ma ahimè sempre temporaneamente. Ho portato al preside oggetti volanti non identificati che decollano dalle ultime file, sfiorano crani e atterrano a pochi passi da me. Trattasi di pezzi di ferro trafugati dai laboratori.
Ho visto piangere vari esemplari di maschi adolescenti, anche quelli con i bicipiti prepotenti, e a tutti avrei voluto offrire papaveri e carezze, ma anche dire: bravi, maschi; tra una bestemmia e un rutto, non abbiate paura a esprimere le vostre emozioni; voi non lo sapete, ma queste lacrime sono un passo avanti verso la parità di genere!