Di luna e cime tempestose


“Ora ricomincia la scuola e ho la testa piena di pensieri e di doveri” scrive uno studente nel tema. È proprio così. Anche per noi insegnanti si affacciano di nuovo i pensieri delle lezioni da preparare e dei compiti da correggere, i doveri delle riunioni e delle scadenze burocratiche. C’è il ritmo da ritrovare, soprattutto. Il buon umore, però, ancora resiste quando scivolo nel traffico quasi ragionevole del mattino presto e quando, prima che suoni la campanella, mi attardo alle macchinette per un espresso lungo (!) e qualche chiacchiera con i colleghi.

C’è anche una novità, quest’anno: ho vinto tre ore di insegnamento in una prima liceo. Ok, trattasi di un sesto delle mie ore in classe, che per il resto sono più o meno felicemente inchiodate negli indirizzi di meccanica del professionale, ma è comunque una buona buonissima nuova. La prima volta che sono entrata in aula, ventisei giovani corpi per la maggior parte femminili si sono alzati senza chiasso per dirmi buongiorno, sui banchi i libri già acquistati e i quaderni aperti. Lo shock. Quando poi ho capito che mi stavano ad ascoltare e qualcuno prendeva appunti (appunti!), ho pensato di essere sulla luna e ho provato il lieto spaesamento proprio dell’astronauta. Talvolta, però, la letizia si interrompe per via di alcuni miei studenti del professionale che fanno improbabili e rumorose incursioni per poter adorare da vicino quegli esseri semidivini chiamati ragazze. Cacciarli non sempre funziona, ma ho capito che se li invito a sedersi per ascoltare qualche minuto di lezione di storia, dopo poco scappano. E torna la quiete. Breve, certo: prima e dopo mi tocca arrancare sulle cime tempestose delle altre classi, tra avvertimenti (Se i telefoni che ci ha ritirato si smagnetizzano, vende la sua Fiat Panda e ce li ricompra) e lamentele (Scrivere mi deprime… Tanto lo so che poi il tema mi esce di merda). Ma anche improvvisi giochi di ruolo:

– Buongiorno, sono il supplente di… di educazione sessuale! – dice uno studente ai compagni, affiancandomi alla cattedra.

– Buongiorno – rispondono loro, allegri – Allora parlaci del cazzo!

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