adolescenza


Una grande fortuna

La mia scuola, dicevamo, è popolata da giovani con il coltello in tasca e la bocca piena di prepotenza, da diciottenni soli con la pancia vuota, da teste ingolfate da una fede ottusa.

La mia scuola è questo ma non solo, e io la mattina sono contenta di varcare la sua soglia (di bussare alla sua soglia: le porte sono chiuse se non dalle 7.55 alle 8.05, prima e dopo i bidelli aprono a propria discrezione).

Sono contenta perché sapere di trascorrere nello stesso luogo un anno scolastico senza interruzioni né incertezze mi dà una sensazione di tranquillità a cui non sono abituata.

Sono contenta perché avere per nove mesi uno stipendio da insegnante mi regala un senso di clamorosa agiatezza, un’agiatezza che ha sconvolto me e pure l’impiegata in banca (Ho visto che adesso hai un’entrata fissa… Bene, brava!)

Sono contenta perché la scuola è così vicina a casa che prendere l’auto non ha senso. (Più della mia contentezza per la sospensione delle trasferte, si segnala il respiro di sollievo di (non necessariamente in quest’ordine): Gianpazienza, mio papà, gli automobilisti tutti.)

Oltre alla stabilità, l’agio e l’eco-trasporto, che basterebbero da soli a farmi arrossire di giubilo, io a scuola vado per fare il lavoro che ho scelto e che mi piace: questo sì che è un vero privilegio!

Ma c’è di più. (altro…)


La quaglia e i gnari (che volevano fare la rivoluzione)

È durata un mese, la mia supplenza fino ad avente diritto. Nata singola nell’istituto tecnico di media valle lombarda, è diventata doppia, accogliendo altre ore al professionale, per poi spegnersi di colpo, con un sospiro di dispiacere e di sollievo insieme.

Le cose sono andate così.

Passata la prima settimana di entusiasmo dove tutto mi sembrava bello, la sveglia alle sei e venti per evitare il traffico, il monte che salutavo dopo le molte fabbriche, 45 centesimi di vago gusto al caffè della macchinetta e poi i colleghi gli studenti i bidelli l’australopiteco la carta geografica la paratassi le sequenze narrative, ecco che piano piano mi sveglio.

In effetti, F. di seconda non vuole abbassare il cappuccio della felpa (E allora Singh con la sua cipolla? Perché lui no? Se quello di Singh non è un cappello, allora D’Annunzio è frocio!) e quando dico che è tempo di studiare un po’ di poesia, F. e il suo cappuccio scoppiano in una risata grassa grassa, lunga lunga, una di quelle risate contagiose, e allora la classe è tutta uno sganasciarsi, finché F. paonazzo, tra un singulto e l’altro, riuscirà a spiegarmi: Profe, era dalla seconda elementare che qualcuno non ci parlava di poesia! e giù a ridere a più non posso.

In prima, invece, leggo guizzante d’emozione il mito di Apollo e Dafne, che, naturalmente, sarà un vero successo.

Meteo: lunedì gelo polare e freddo artico. È arrivato Ovidio.
Meteo: lunedì gelo polare e freddo artico. È arrivato Ovidio

(altro…)


Tra i devoti dell’ostrica. Un salto e torno. 2

Illustrazione di Marisa Ventura

Illustrazione di Marisa Ventura

Un’ostrica si ritrovò, insieme a tanti altri pesci, dentro la casa di un pescatore, poco distante dal mare. “Qui si muore tutti”, pensò l’ostrica guardando i suoi compagni che boccheggiavano sparpagliati per terra.

Scorre silenziosa, la situazione iniziale della favola di Leonardo.

Passò un topo.

Anche l’esordio. Molto bene.

– Topo ascolta! – disse l’ostrica. – Mi porteresti, per favore, fino al mare? Il topo la guardò: era un’ostrica bella e grande, e doveva avere una polpa sostanziosa.

Qui il lettore incespica e la sua voce si trasforma in riso, mentre il volto vira bruscamente al porporino. Non riesce a proseguire. Io lo guardo interrogativa: che gli prende? Intorno a noi, si alza qualche rumoreggiamento. Continua un altro. (altro…)


Viaggiare informati (3)

Pensavo ai miei ultimi viaggi in treno.

trenoPensavo a quella mattina in cui tutto girava giusto e sembrava facile. Un sole sorprendente, dopo tanta attesa. Il treno già pronto al binario, poca gente nei vagoni, quel libro delizia che stavo leggendo… Raccontava di una vecchina che scappa dalla casa di riposo per andare a rifugiarsi in un ricordo, in un ultimo tentativo di ritrovare la bellezza. Nel frattempo la giovine rossa di fronte a me sta andando a fare un esame e alla sera avrà il corso di teatro, mentre il giorno dopo alle sette farà un aperitivo con un’amica e forse un amico, sempre che lui si convinca che non è di troppo. (Incredibile come in treno, nonostante la buona volontà, un libro delizia e la testa su un baobab, sia impossibile non farsi i fatti degli altri.) (altro…)


Tranqui, è finita! 2

Non ce l’hanno fatta, Ronf e Monetino. O meglio, ce l’hanno fatta a farsi bocciare. Come loro, l’amica delle Parlo e Sparlo e la giovine che in storia non riusciva a studiare le pagine giuste. Altri invece sono riusciti a passare con debiti e un esame da affrontare a settembre. Non è facile, in certi casi, decidere chi passa e chi no. Accettare che qualcuno sia o non sia fermato. Io non sono d’accordo! Questa ragazza vive un profondo disagio… No, non possiamo bocciarla! si è lamentato invano il collega di religione. P. promosso, ma vi rendete conto?! P. promosso, ma vi rendete conto?! P. promosso, ma vi rendete conto?! ha invece cantilenato la prof di economia, con uno sbigottimento che, onestamente, ha invaso tutti.

Yael Frankel.

Illustrazione di Yael Frankel

Giuratemi che almeno a settembre li fermiamo, se sono impreparati! ha esclamato la collega di inglese. Certo… le ha mentito qualcuno. Ma come certo! ha protestato la sbigottita di economia, dobbiamo bocciarli ora, quando mai l’abbiamo fatto a settembre! Ti sbagli, ha ribattuto il prof di diritto, mi ricordo benissimo, è successo nel mille novecento e… (altro…)