Un’ostrica si ritrovò, insieme a tanti altri pesci, dentro la casa di un pescatore, poco distante dal mare. “Qui si muore tutti”, pensò l’ostrica guardando i suoi compagni che boccheggiavano sparpagliati per terra.
Scorre silenziosa, la situazione iniziale della favola di Leonardo.
Passò un topo.
Anche l’esordio. Molto bene.
– Topo ascolta! – disse l’ostrica. – Mi porteresti, per favore, fino al mare? Il topo la guardò: era un’ostrica bella e grande, e doveva avere una polpa sostanziosa.
Qui il lettore incespica e la sua voce si trasforma in riso, mentre il volto vira bruscamente al porporino. Non riesce a proseguire. Io lo guardo interrogativa: che gli prende? Intorno a noi, si alza qualche rumoreggiamento. Continua un altro.
– Certo, – rispose il topo, che aveva ormai deciso di mangiarsela – però ti devi aprire perché non posso trasportarti così chiusa.
Si alzano nuove risa. Le peripezie della favola di Leonardo sono nuovamente interrotte, io non capisco e sbuffo. Provo a scorrere le righe appena lette… Dunque. Un’ostrica bella e grande, una polpa sostanziosa, però ti devi aprire… Ok, inizio ad avere dei sospetti.
Continuo io a leggere, ché qui non ce ne andiamo più fuori.
L’ostrica si schiuse con cautela e il topo, subito, ci ficcò dentro il muso per addentarla.
Si schiuse con cautela… Ci ficcò dentro il muso… Ehm, sono risa umane o versi di scimmie eccitate, quelle che giungono alle mie orecchie?
Ma, nella fretta, il topo la mosse un po’ troppo e l’ostrica si richiuse di scatto imprigionando la testa del roditore. Il topo strillò.
Oh cielo! Ci mancava solo la testa imprigionata là sotto…
La gatta lo udì. Accorse con un balzo e lo mangiò.
Nessuno, naturalmente, fa caso alla conclusione, a quel tontolo di topo che finisce male. La grande protagonista, quella che ottenebra la trentina di cervelli maschi davanti a me, è l’ostrica. Alla fine, come non sorridere di fronte al sonoro, sincero entusiasmo dei devoti dell’ostrica?
Insomma, avete capito: sono tornata a scuola!
Dopo un anno di pausa dalle supplenze (non è forse odioso impegnarsi per qualcosa che non può essere il tuo futuro? Non è insensato insegnare senza un’abilitazione?); dopo un anno a inseguire luminosi frammenti di lavoro, a coltivare confusione e squattrinamento; dopo giorni a studiare le linee guida del governo sulla riforma della scuola e comprendere che non mi riguarderà affatto (ammesso che Renzi, con l’aiuto di Grande Puffo e di Tito, il miglior amico della Pimpa, trovi i soldi per realizzarla); ebbene, dopo tutto questo, ho deciso che, per quanto sia odioso impegnarmi per qualcosa che non può essere il mio futuro e insensato insegnare senza un’abilitazione, io quest’anno accetterò qualsiasi cosa mi sarà vantaggioso.
Oltre a tamponare lo squattrinamento, i vantaggi non sono pochi, nell’istituto tecnico dove sono capitata.
Innanzitutto, il vantaggio è l’accoglienza cordiale dei colleghi, che si dividono tra altisonanti Potessimo andare in pensione, come vi lasceremmo volentieri il posto! e mesti No, non sono ancora di ruolo…
Il vantaggio è osservare il panico del personale ATA di fronte alla fotocopiatrice nuova e lo sgomento del segretario alle prese con i moderni mezzi a disposizione (No, non posso spedirti il fax, ce l’hanno portato via! Adesso è tutto digitale! D-i-g-i-t-a-l-e!)
Il vantaggio è scoprire che esistono luoghi dove il registro elettronico e la mancanza della connessione internet possono coesistere. E pure in modo sereno. Dove gli studenti sono presenti e i docenti assenti, causa nuove graduatorie non ancora pronte. Dove tutti mi ripetono Oh come sei giovane! anche se fuori di lì spesso mi chiamano signora, dove la bidella mora mi dice Posso dirtelo, sei proprio carina e quella rossa, guardandomi dritta negli occhi, Lo sai cos’è, io amo il mio lavoro e quella indigena Porco dighel, questa fotocopiatrice!
Il vantaggio, naturalmente, sono quelle creature curiose che chiamano studenti, che sempre mi riempiono di stupore e meraviglia per come sanno sinceramente interessarsi e animarsi e poi magari annoiarsi, ma sempre con la sincerità di uno sbadiglio in faccia. Per come sono infiammati dalla devozione per l’ostrica, anche se spesso hanno corpicini da scuola media che mi ricordano tanto Ugo. Perché ascoltano la differenza tra fabula e intreccio, perché sinceramente, per almeno un minuto abbondante, riflettono sulle pagine di Orwell. Perché quando un ragazzo con l’accento lombardo e i colori del Maghreb si offre di eseguire un insidioso esercizio di grammatica, io ho la stessa sensazione di benessere di quando gratto la pancia pigra e godereccia del mio cane.
Il benessere di un istante, certo, ché la mia supplenza è fino ad avente diritto e sarà brevissima, ché il mio cane capace che subito dopo scoreggi.
P.S. Lo so che questa storia della flatulenza della bestia l’avete già sentita, ma cercate di capirmi, ci sono drammi che segnano…
P.P.S. In effetti anche la storia breve del fino ad avente diritto non è nuova. Tutto torna, pare.
Bentornata nel fantastico mondo dell’insegnamento!
Grazie, Corrado! 🙂 Molto curiosa di sapere le vicissitudini nelle classi d’oltralpe!