Il corteggiamento delle rane coqui


Ero sulla terrazza del bar Picchio.

Nonostante il tempo incerto, respiravo una bell’aria marina e in bocca avevo ancora un gusto decisamente Illy. Di fronte a me, una distesa di sabbia chiara ombrelloni bicolori e in fondo una striscia di mare azzurro.

distesa di...Avrei voluto chiamare Gianpazienza per condividere tanta bellezza, ma non potevo: Dante del bagno numero 32 oggi compiva gli anni, tuonava alle mie spalle il megafono di Publiphono. Impossibile pensare di telefonare. Va be’, tanto io ora ho da fare con Guy Delisle.

cronache birmaneQuando riemergo, sono tanto estasiata che decido di sfidare Publiphono, adesso alle prese con le Sere nere di uno straziato e straziante Tiziano Ferro, e di chiamare finalmente Gianpazienza. Siamo quasi alla fine della nostra conversazione, quand’ecco un improvviso assalto. Non posso crederci… Qualcuno è salito sulla terrazza, su questo quadrato soprelevato che ha ospitato, nella sua storia, pochissimi altri all’infuori di mia nonna, mia zia, mia mamma e me.

(In effetti, la dura legge dei bagnanti afferma: mai allontanarsi di qualche scalino dalle chiappe di un altro bagnante, ché si potrebbe rischiare, addirittura, di respirare.)

Non posso crederci! Chi osa? Chi urla? Saluto frettolosamente il mio amato, annuendo al suo consiglio (Uccidili!), e mi guardo intorno. Dunque. Le piccole creature urlanti hanno un aspetto umanoide, su questo non c’è dubbio. Ma io mica mi lascio ingannare, no no. Riflettendo riflettendo, direi che non possono che essere maschi di rana coqui, i cui richiami raggiungono picchi di un centinaio di decibel e li rendono gli anfibi più rumorosi al mondo, si legge su National Geographic.

rana coquiTrattasi dunque di tre maschi di rana coqui, seduti al tavolo del bar Picchio, insieme a un silenzioso esemplare femmina. Io li fulmino, ma loro non si accorgono neppure di me. Rumorosi e pure incuranti, ‘sti anfibi.

Il fratello piccolo di uno di loro viene sbeffeggiato e relegato in un altro tavolo, poi è invitato ad allontanarsi con le buone (Se te ne vai, ti faccio fare quindici partite sul tablet (ha detto tablet, la rana), ok, te ne faccio fare venti…), quindi con le cattive. Il ranocchio in questione, perfettamente calato nella parte del fratellino rompicazzo, dà in escandescenze e se ne va alzando al cielo di Romagna i tipici richiami luttuosi degli anfibi.

Sto per andarmene indignata quando mi pare di udire una cosa come…

– Allora lei chi ama? Glielo chiedi tu?

Chi ama? Forse posso attendere ancora un momento. Li guardo. Al tavolo sono rimasti due maschi e la femmina contesa. Proprio una graziosa ranocchietta, lunga chioma e aria un poco timida. Il maschio più grosso prende coraggio e le domanda:

– Cioè a te un po’ ti piacciamo tutti e due o ti piaccio io o lui o ti piace Thomas?

Non sento la risposta, deve avere una vocina sottile sottile, la ranocchia.

Mhm cosa vuol dire? Vuol dire che ti piacciamo un po’? Poi senti, la cosa che ti ha detto Thomas che ti volevo dire io cioè che ti facevo mia cioè che volevo sco… Cioè quella roba lì, eh eh… Ecco lui mi ha detto che sei scappata via piangendo…

Il maschio otto-novenne si è incartato. Thomas con quella storia dello sco… deve averlo confuso, ma la ranocchia non fa una piega.

– … Cioè io volevo chiederti solo questo: allora siamo carini? Perché non rispondi? Non capisci l’italiano? Tu magari capire tedesco o francese, oui? Babilonese?

Nuovo assalto fratellino rompicazzo.

– Che palle tuo fratello! Vai via! Bucati i piedi! Piscia sul lettino di tua sorella! (Ma noi non abbiamo una sorella!) (Lo so, l’ho detto apposta…) Vattene o dico al papà di cancellarti Mario! (Noooo! Bastardo!)

Il ranocchietto batte in ritirata e il maschio otto-novenne torna alla carica.

– Noi avevamo un po’ di paura a parlare con te perché o ci ascoltavi o te ne andavi via dicendo che schifo… Allora? Ti volevamo chiedere se ci puoi pensare se noi siamo carini e chi preferisci… No ma io non riesco a parlare col naso chiuso, vado a prendere un fazzoletto, continua tu…

– Matteo! Dove vai, Matteo? Matteeeo!

Il compare maschio, che non ha ancora osato parlare direttamente alla ranocchia, è nel panico. Si affaccia alla terrazza, ripetendo:

– Matteooo!

La ranocchietta resta sola al tavolo, impassibile.

Matteo torna. Meno male.

– Ho dovuto anche bere, Andrea.

Poi si volta verso la graziosa:

– Ecco, quello che volevo chiederti io te l’ho chiesto, adesso parla lui.

– …

Niente da fare, è ammutolito. Povero Andrea.

– Allora? Adesso parla!

– Ma l’hai già detto tu quello che c’era da dire…

Matteo riprende la parola, rassegnato.

– Allora quello che pensavamo è che non volevamo metterti troppa fretta, ma… Quanto tempo ti serve per decidere? Guarda che noi accettiamo anche un no, cioè se scegli lui, io ti resto amico e se scegli me… Allora quanto tempo ti serve?

Silenzio. Che sia muta, la ranocchia?

– Facciamo così, ce lo dici oggi pomeriggio. Dove abiti? In via Torre? Ok ciao, abbiamo finito.

Scappano una dopo l’altra, le rane, inseguite da centinaia di decibel impazziti.

E io? Io non conoscerò mai la scelta della ranocchia contesa. Che peccato, si lamenta la bambina anfibio che c’è in me.

le petit nicolas et edwige

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