Sono tornata – dicebeatrice.
Sono tornata sul blog e sono tornata a scuola. Una nuova scuola.
Dopo due anni a battagliare con il traffico per raggiungere l’istituto un po’ su in valle, il fatto di spiccare il volo mattutino in bicicletta mi rende felice come una cinciallegra. Il fatto invece di non poter più sorridere ai visi amici di colleghi e bidelli e segretari dell’istituto un po’ su in valle mi procura fitte di nostalgia ora lievi ora acute, ma questo – si sa – è uno degli effetti secondari della supplentite, stato infiammatorio e apparentemente sempiterno della mia vita lavorativa. Per quanto riguarda gli studenti, be’, mi son fatta nel tempo un fisico bestiale per gli addii: lo so dal primo giorno d’appello che me li potrò godere (o li dovrò subire) solo fino ai primi rintocchi di giugno, poi l’incanto (o il tormento) finirà e io mi ritroverò tutta stracci zucca topolini e nemmeno una scarpetta di cristallo abbandonata sulle scale della scuola.
In ogni caso, la fata Smemorina, al corrente del mio debole per i futuri Operatori o Periti Meccanici, mi ha permesso anche quest’anno di insegnare nell’indirizzo di meccanica. Cercate di capirmi, dai… Osservare le cento sfumature di strazio che può assumere un giovine volto mentre spiego il computo delle sillabe e la metrica, il lunedì alle otto. Sentire lo sconcerto levarsi compatto dai banchi quando annuncio che quest’anno, cari studenti, leggerete quattro libri di narrativa. Contare i sospiri che strappano le parole sdrucciole o la dodecapoli etrusca… Tanta roba, sì. Diventa una specie di droga ed è difficile uscirne. Qualche volta ci provo e allora faccio una parentesi di moda, di elettronica o chimica, ma poi ci ricasco. Cambio scuola, magari saltello tra tecnico e professionale, ma finisco sempre al mio indirizzo del cuore, quello dove io entro e, a seconda dell’umore mosso della mia chioma, qualcuno domanda lusinghiero: Oggi ha fatto qualcosa ai capelli che è ancora più bella? oppure allarmato: Profe, cosa ha fatto in testa? Quello dove io chiedo subito: Qualcuno deve dirmi qualcosa?, intendendo compiti non fatti, libri dimenticati, argomenti non capiti, e uno mi dice: Profe, stamattina l’ho vista in bici! e l’altro: Ha visto che bella felpa? Sabato ho fatto quattro ore di coda a Milano per comprarmela! e ancora: Ma il libro che c’ha dato da leggere lo sta leggendo mia cugina all’università!
Quest’anno comunque il lusso: di nuovo una cattedra intera in un istituto tecnico. Niente eccessi, insomma, la vita è lieve. Prendete la prima interrogazione dell’anno. Entro, saluto, getto un’occhiata alla lavagna, dove lampeggia uno speranzoso: Oggi non interroghi, le vogliamo bene! (cuoricini cuoricini cuoricini), ma niente, io – spietata – interrogo lo stesso, solo che al primo nome chiamato non si alza un ragazzo bensì tre bestemmie, e che bestemmie!, le più sommesse e disperate che mi sia mai capitato di udire (e sì che nel mio indirizzo del cuore se ne sentono parecchie), ma così disperate che, anziché infuriarmi e prendere “seri provvedimenti” verso il bestemmiatore afflitto, mi impietrisco. Poi, con voce più soave di una cinciallegra, gli dico: Non fare così, è solo un’interrogazione. Proviamoci.
P.S. Giusto per completezza, anch’io, come Cenerentola, ho un adoratissimo principe, più un cane giallo che fa scoregge regali. E mi toccano tra l’altro le faccende domestiche più pesanti, perché, non so voi, ma io un principe che fa la lavatrice non l’ho ancora incontrato… 😉