Archivi mensili: Gennaio 2013


Baobea e l’Istituto Nazionale Poco Seri, atto II

Baobea non poteva immaginare che sarebbe stata lei a rinunciare al sussidio, subito dopo averlo conquistato. Eppure andò proprio così. Ci mise due mesi e moltissime pene per ottenerlo. Ma quando lo ebbe, a settembre inoltrato, ecco che arrivò un piccione viaggiatore, nel becco una proposta di lavoro. E che lavoro! Mezza cattedra alle medie fino ad avente diritto, là sui monti con Annette. Baobea non ci pensò troppo (sarebbe stato un vero azzardo, con tutti quei contro…) e scrisse a Scorbuta l’Impiegata Senza Cervello che poteva anche tenerselo, il maledetto sussidio.

l'odiosa regina

L’odiosa regina
(parente di Scorbuta)
di Benjamin Lacombe

Fece fagotto, salutò Gianpazienza, montò sulla sua vettura e via. Seconda mucca a destra, questo è il cammino che fece. Lassù, il paese di Annette, con Ugo, i gemelli Emme, Alice nel paese delle meraviglie e tanti altri nani alpini. Grazie ad Annette, imparò a superare i camion, a portare al pronto soccorso autostoppiste in menopausa scosse da vampate, ad accendere la stufa a legna, a sopravvivere all’autunno angoscia e alla guerra dei tortelli in mensa. (altro…)


Baobea e L’Istituto Nazionale Penosi Sospiri, atto I

Questa è la storia di Baobea, costretta a scendere dal suo baobab per sfidare l’INPS, Istituto Nazionale Pazzi Sclerotici. No, dev’essere Istituto Nazionale Polli Scorbutici… O Poveri Somari? Pane e Salame? Puoi Sognare? Baobea non ricorda più. D’altronde, non servono le sigle là sul suo baobab.

baobabComunque.
Un giorno d’estate, come di consueto, il suo contratto terminò, ma ecco che qualcuno le disse: Prova a controllare, forse quest’anno hai diritto al sussidio di disoccupazione... Baobea sorrise, pensando: Allora è stata una fortuna fare la trottola per le cooperative e nuotare tra i pericolosi pesci meccanici! Subito dopo, però, Baobea avvampò d’imbarazzo: sul suo baobab non ci sono distinzioni tra disoccupati di serie A e disoccupati di serie B, tra chi può sperare in un sussidio e chi non ne ha i requisiti. In ogni caso, decise di informarsi e si recò alla caverna del tesoro. Apriti sesamo! esclamò all’ingresso, ma niente, la porta era guasta. Entrò da un lato della caverna, un po’ delusa. Dentro, lo stupore! Decine di persone che ponevano la stessa domanda alla stessa impiegata, seduta accanto a un cartello che avrebbe potuto rispondere a ogni quesito, fosse stato guardato. Un ottuagenario che interpretava una sceneggiata molto napoletana e forse gustosa, non fosse stata la sua pensione il tema. Un tale in tunica bianca che passava il cellulare a una dipendente dicendo Parla te a capo, poi donne panciutissime, donne col passeggino, persone di fretta, persone furenti rassegnate indifferenti. Baobea attese e attese, poi chiese allo sportello sbagliato. Trovò infine Perplesso l’Impiegato, che le disse: Lei non ha i requisiti, però vediamo, forse sì, ah sì, ce li ha. (altro…)


S. che piange, il bruco che crede

Non stava bene ieri, la mia allieva S. L’ho capito subito, anche se mi ha sorriso di un sorriso scintillante mentre ci scambiavamo un buonissimo anno.
S. in questi mesi ha voluto perfezionare la conoscenza del suo già ottimo italiano, in modo da poter trovare più facilmente (!) lavoro. Mediatrice culturale e insegnante di arabo, ecco quello che si augura. Trentatré anni, un marito, due figlie, una laurea in Economia che qui non è riconosciuta. Un milione di progetti, una forza straordinaria avvolta in modi garbati, pezzettini di cuore sparsi tra Africa e Francia. Questa è la mia allieva S., una di quelle persone che ti fanno esclamare: La meraviglia delle meraviglie! Insegnare italiano L2 è proprio il lavoro più favoloso che ci sia! Anche più di gestire un piccolo profumato salone da tè a Tofino, sull’isola di Vancouver… Oh cielo! La buona sorte!
Ieri, però, qualcosa non andava. S. era proprio giù. Come di consueto, le ho fatto ascoltare una canzone per lavorare su ascolto lessico e bla bla bla. Ma che canzone! In bianco e nero di Carmen Consoli, che racconta del rapporto con la madre che non c’è più, di foto sbiadite, di dispiaceri. L’ho capito alla prima strofa, che non era stata una buona idea. Alla seconda strofa, ho guardato il soffitto chiedendogli tacitamente: Concordi, o soffitto, che ho una sensibilità da bruco macaone? Il soffitto ha annuito e alla fine della canzone S. si è messa a piangere. Non che non ci sia più, sua mamma. C’è, ma vive in Marocco e in dieci anni avrà abbracciato S. tante volte quante sono le dita di una mano monca. Madre e figlia si riabbracciano solo quando ci sono abbastanza soldi per un biglietto aereo per quattro persone. E in una famiglia con un unico stipendio residente nel salato Nord Italia, questo avviene ogni tot e tot e tot anni.
Piangeva allora S., alla fine della canzone. E io, da bravo bruco, sono strisciata via, a cercarle un bicchiere d’acqua e a schiaffeggiarmi con una lunga fila di zampette. bruco che striscia (altro…)