Baobea non poteva immaginare che sarebbe stata lei a rinunciare al sussidio, subito dopo averlo conquistato. Eppure andò proprio così. Ci mise due mesi e moltissime pene per ottenerlo. Ma quando lo ebbe, a settembre inoltrato, ecco che arrivò un piccione viaggiatore, nel becco una proposta di lavoro. E che lavoro! Mezza cattedra alle medie fino ad avente diritto, là sui monti con Annette. Baobea non ci pensò troppo (sarebbe stato un vero azzardo, con tutti quei contro…) e scrisse a Scorbuta l’Impiegata Senza Cervello che poteva anche tenerselo, il maledetto sussidio.
Fece fagotto, salutò Gianpazienza, montò sulla sua vettura e via. Seconda mucca a destra, questo è il cammino che fece. Lassù, il paese di Annette, con Ugo, i gemelli Emme, Alice nel paese delle meraviglie e tanti altri nani alpini. Grazie ad Annette, imparò a superare i camion, a portare al pronto soccorso autostoppiste in menopausa scosse da vampate, ad accendere la stufa a legna, a sopravvivere all’autunno angoscia e alla guerra dei tortelli in mensa. Ma meno di tre mesi dopo, arrivò la signorina Avente Diritto e, come dire, le fregò il posto. Così, a sorpresa, proprio allo scoccare dell’apertura delle piste da sci! Baobea allora mangiò per l’ultima volta la pizza alla segale, disse ciao ai nani, alla Dread Prof, al bidello cacciatore con jeeppone, a tutte le mucche dei monti di Annette. E se ne andò.
Gianpazienza, son tornata! esclamò una volta a casa. Ma lo eslamò lacrimando, perché a lei tutto quella storia di punticini sembrava un’ingiustizia. Neanche il tempo di fare un salto sul suo baobab, che era di nuovo alle prese con la burocrazia dell’Istituto Nazionale Pollastri Stipendiati. Ebbene sì. Chiamò l’amica Solerte (Scusa, ti ricordi mica come si fa?), tenne a bada la tachicardia e rifece l’intero iter di solfe per chiedere il sussidio.
Un mese dopo, l’email. Sì, perché quelli dell’Istituto Nazionale Panzerotti in Subbuglio hanno pure la cassetta postale online. Oggetto dell’email: Indennità ordinaria di disoccupazione: reiezione. Ah. Baobea aprì la lettera, ma per leggere il testo doveva aprire un documento in formato pdf che non era disponibile. Ah! Baobea scoprì così di essere reietta ma non ne capì il motivo.
Attese la raccomandata via posta. Attese e attese. Arrivò. La S.V. non ha presentato la documentazione richiesta. Punto. Ecco la motivazione del respingimento. Ma quale documentazione? Se ho fatto come l’altra volta! Di nuovo sotto le grinfie di Scorbuta, dovevo capitare! si crucciava Baobea, mentre faceva il Numero Verde, in cerca di aiuto. Le rispose Serena, cugina di Embè, nei pressi di Canicattì. Le spiegò serenamente che si trattava, in effetti, di una strana procedura, che di solito non si chiudeva così una pratica. Le consigliò serenamente di rivolgersi alla sede locale dell’Istituto Nazionale Parapiglia e Sconcerto. Baobea a quel punto si chiese, poco serenamente, a cosa servisse il Numero Verde. Poi, sempre meno serenamente, si chiese se la meschina morale che doveva trarne fosse di aver sbagliato, a settembre, a rinunciare al famoso sussidio per l’incarico da Annette. Tanto più che lo stipendio della sua mezza cattedra era più o meno la stessa cifra del vecchio sussidio. Allora poteva starsene a casa a non fare un tubaccio, invece che altalenare su e giù per i monti, insozzando i baobab dell’intero pianeta! Meglio parassita che polla, alla fine! È questo che devo pensare, Gianpazienza, è questo?!, domandò Baobea al suo bello, malcapitato da quelle parti proprio in quel momento.
Vabbè. Caverna del tesoro, sto arrivando! urlò Baobea, scommettendo sulla porta ancora fuori uso. Che in effetti era ancora fuori uso. Questa volta ad attenderla c’era Spiazza l’Impiegata. Messa al corrente della faccenda, digitò e digitò sulla sua tastiera e poi disse:
– Vediamo… Questo computer è di una lentezza… Ecco. Dunque lei ha dato le dimissioni due settimane prima della nascita del bambino, è così?
– … (Baobea fu spiazzata e ammutolita)
– Signora (io la chiamo signora anche se magari è signorina ma a me la parola signorina proprio non piace), signora, a quante settimane dalla nascita del bambino ha dato le dimissioni?
– Ehm… Forse non mi sono spiegata, io non sono qui per la maternità, io…
– Ma ho capito!
– Io non ho un bambino e non ho dato le dimissioni, io ho solo fatto una supplenza che…
– Ah. Quindi lei lavora nella scuola?
– Sì.
– Pubblica?
– Sì.
– Il peggio, insomma.
– … (Baobea fu spiazzata e ammutolita)
– Il peggio per noi, voglio dire.
E qui Spiazza l’Impiegata fece una parentesi sul MIUR, ministero con tempistiche dilatate nonché campione di seccature. Poi proseguì.
– Ho capito cos’è successo. La sua scuola non ha dichiarato la fine del contratto. Nessuna scuola l’ha mai fatto, qui risulta solo un suo incarico nel 2010… È semplice, comunque. Lei deve andare in ogni scuola dove ha lavorato e chiedere se bla bla bla… D’accordo?
– … (Baobea fu spiazzata e ammutolita. In tutte le scuole?! Poi si svegliò.) Scusi, ma io ho chiesto il sussidio pochi mesi fa e allora comparivano tutti i miei contratti e…
– Ah. Mi faccia controllare… Questo computer è di una lentezza… Non è che lei ha problemi col codice fiscale?
– … (Baobea fu spiazzata, ma riuscì a dire) Ehm… No!
– Sarà… Questo computer è di una lentezza… Ah sì! Ha ragione, ora vedo tutto. Sa, i nostri computer, eh eh… Ora le spiego cosa deve fare. No! Non prenda appunti! Posi la penna e cerchi di capire. Ho detto posi la penna! Bla bla bla...
– Tutto chiaro?
– Sì. Credo.
– Non si preoccupi, signora (sorrideva ora, Spiazza). Se lei ha diritto al sussidio, lo avrà.
Lo ebbe, Baobea?
(la suspance)