1. Eccetto le barbabietole


Fino ai trent’anni circa amavo mangiare la carne e il pesce.

Mi piacevano soprattutto lo speck dentro il pane di segale, la bresaola con il limone, il filetto al pepe verde che cucinava mio papà, il pollo arrosto del mercato, la zuppa di pesce fatta in casa e le cozze, in particolare quelle gustate dopo una giornata al mare.

In realtà, amavo mangiare quasi tutto, eccetto le cipolle crude e le barbabietole cotte.

Non ero l’unica, in famiglia, a mangiare quasi tutto: io e M., da piccoli, eravamo quel tipo affamato di gemelli capace di contare quanti gnocchi aveva ciascuno nel piatto per non rischiare la fregatura (e subito dopo il primo boccone spalancare la bocca per mostrarci reciprocamente un incidente in galleria); quel tipo di gemelli il cui appetito, apparentemente implacabile, costava alla loro genitrice battute del tipo: “L’anno prossimo l’abbonamento alla mensa lo paghi per quattro, eh?” E sì che in mensa, alle elementari, il menù tipico era: pasta al pesto più scotta che cotta, nasello insipidello, piselli poco belli. Ma a noi sembrava tutto buonissimo. 

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