Archivi mensili: Agosto 2018


15. E allora, dove sono?

L’agroindustria americana – scrive Melanie Joy – macella dieci miliardi di animali all’anno (esclusi pesci e animali marini), cioè 19.011 animali al minuto, 317 al secondo. La carne, insomma, è un affare d’oro. E il benessere animale è un ostacolo al guadagno, dal momento che costa meno produrre in serie gli animali e scartare quelli che muoiono prematuramente piuttosto che prendersi cura di loro in modo adeguato.

In Italia, secondo il Corriere, vengono macellati ogni anno circa 700 milioni di animali.

Di questi 700 milioni, noi quanti ne vediamo? Forse neppure uno. E allora, dove sono? Scrive Joy: sin dalla loro nascita, questi animali sono tenuti in regime di reclusione intensiva, in seguito alla quale possono ammalarsi, essere esposti a temperature estreme, sovraffollamento massiccio, venire trattati con violenza e sviluppare psicosi.

Oggi dunque gli animali vivono negli allevamenti intensivi finché non vengono spediti al mattatoio. Le piccole fattorie a conduzione familiare sono, in gran parte, realtà del passato.

Quindi: l’affare d’oro della carne, l’attuale regime di reclusione intensiva, le fattorie del tempo che fu. Mi state seguendo? 


14. L’ideologia del carnismo

L’aspetto straordinario del libro della psicologa e docente universitaria americana Melanie Joy? La sua tesi, semplice e spiazzante. Il motivo per cui, a suo parere, amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche è il carnismo, cioè il sistema di credenze che ci condiziona nel mangiare certi animali. Si tratta di un’ideologia radicata, tanto che le sue assunzioni e pratiche sono considerate come buonsenso, ed essenzialmente invisibile (non ha mai avuto un nome, a differenza del vegetarismo, etichettato più di 2500 anni fa).

L’invisibilità – scrive Joy – ci permette, per esempio, di consumare carne di manzo senza raffigurarci l’animale che stiamo mangiando; nasconde i nostri pensieri a noi stessi. L’invisibilità, inoltre, ci protegge dallo spiacevole processo di allevare e uccidere gli animali per il nostro cibo.

Il carnismo – prosegue la docente – è un’ideologia organizzata intorno alla violenza estensiva, tenuta ben nascosta a un esame pubblico approfondito, è giustificata dalle Tre N – mangiare carne è considerato normale, naturale, necessario – ed è interiorizzata grazie all’oggettivazione (pensare agli animali come cose), alla deindividualizzazione (pensare agli animali come astrazioni) e alla dicotomizzazione (pensare agli animali in categorie: commestibile e non).

Sì, lo so, ho fatto lo spiegone e sarete esausti. Ma il rischio che non leggeste il libro era alto, non potevo rischiare! E, poveri voi, non è finita qui… 


13. Tutto bene, quindi?

Riassumendo: vivevo spensieratamente onnivora finché mi sono imbattuta in Gianpazienza; con lui sono nate le domande e le intenzioni, con il nostro cane le intenzioni sono diventate fatti; l’amica G. e mio papà si sono arresi al mio vegetarismo, mentre mia mamma è ancora alla ricerca del prezzemolo, che dovrebbe essere dappertutto e invece a casa dei miei genitori non c’è mai. Tutto bene, quindi?

Tempo fa ho letto un libro – Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche – che ho trovato straordinario e mi ha straordinariamente assillato già dal titolo.

Dunque, Beatrice – ho iniziato a trepidare, gli occhi ancora fissi sulla copertina. Tu ami i cani, NON mangi i maiali MA indossi le mucche. Tu NON mangi le mucche MA le indossi. Possiedi scarpe, borse e pure una giacca di pelle, morbida e deliziosa. Ti sei mai seriamente chiesta da dove viene quella pelle, morbida e deliziosa? Sarà morto di morte naturale, il tuo bovino? O gli è preso un accidente? Beatrice! Pensi che i suoi familiari abbiano dato il consenso alla donazione dei suoi organi per uso umano? E a proposito di mucche, vogliamo parlare del cappuccino che bevi tutta giuliva la domenica mattina, nel bar della piazzetta? Sentiamo, a chi era destinato quel latte nel cappuccino? Alla tua colazione? Ma Beatrice!

Cazzo, il cappuccino. Anche il cappuccino!


12. Il dramma del prezzemolo

Se mia mamma non trova interessante interagire con un animale, anche solo mangiandoselo, figuriamoci se le viene in mente di cucinarlo. Qualche volta, in realtà, lo faceva perché, come più o meno tutte le donne di questo prevedibile mondo, era lei a farsi carico nel quotidiano del sostentamento di figli e consorte. Per la maggior parte dei piatti pescecarnecomposti, però, era coinvolta in qualità di assistente chef del suo sposo. Un ruolo scomodissimo.

Immaginate il giorno e la notte in cucina; l’uno è lo chef e approccerà una ricetta con elevatissimo rigore scientifico, l’altra, l’assistente, giudica da pusillanime il solo pensiero di leggere fino in fondo la lista degli ingredienti. Quello che capiterà, a un passo dal traguardo, è:

– Adesso aggiungiamo il prezzemolo – dichiara lo chef
– Prezzemolo? – si stupisce l’assistente
– Sì, il prezzemolo! Non dirmi che non c’è il prezzemolo…
– …
– Avevi detto che c’era! Che avevamo la casa piena!
– Ma sì, sarà in freezer…
– In freezer?! Fresco, ci vuole il prezzemolo fresco! Tu sei matta!
– Non fare il pusillanime! Cosa vuoi che cambi se…
– Il prezzeeeeeeeeeemoooooooooooloooooooooooo!!!


11. E la mamma?

E la mamma? Perché è stata finora villanamente negletta?

Il fatto è che mi risulta difficile inserirla in Beatrice e altri animali a causa del suo rapporto con gli animali. Un rapporto inconsueto, diciamo. Gli animali infatti possono pure occupare abusivamente il divano (il mio cane) o cuocere in un’ampia casseruola (la gallina ripiena), ma proprio non riescono a suscitarle interesse. Poveretti. Fossero una poesia, una pianta, un caffè macchiato avrebbero di certo più fortuna.

Mia mamma, la prima volta che ha visto il nostro cane – una creatura del tutto aliena, ai suoi occhi – è rimasta così scioccata che si è dovuta sedere, ammutolita. Quando ha ripreso l’uso della parola, mi ha chiesto, l’aria stravolta: “Ma adesso dove va a vivere?” (Non so, mamma, con me e Gianpazienza? O vogliamo affittarle un appartamento?).

Anche sul piano cibo, tenta di mantenere una cauta distanza: nonostante le rimostranze del coniuge (le proteine!), i suoi piatti arcobaleno sono quasi sempre sguarniti di carne. Il pesce, poi, non parliamone: lo assaggia solo se le giurano che sa di formaggio.