Archivi annuali: 2018


Come quella volta 2

Parto presto per raggiungere la scuola, con l’intento di evitare l’imbottigliamento, che giorni fa mi ha sorpresa a pochi chilometri dalla meta, facendomi arrivare poco dopo il suono della campanella. Un evento trascurabile, se le bestiole inquiete che interpretano il ruolo di miei allievi non avessero preso a urlare dalla finestra profe ritardo, domani giustifica! quando ancora dovevo chiudere la portiera dell’auto. E se non avessi incontrato la vicepreside sulle scale, naturalmente.

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Proprio come Buck 2

Procedo rapida verso l’uscita e già sento sulle guance la carezza fresca della libertà, quando il mio passo rallenta: davanti a me, ecco un mio ex alunno che, bocciato l’anno scorso all’Itis, ora frequenta il professionale. La sua bocciatura, di cui sono stata complice, è un cruccio ancora vivo, ma è una storia lunga e non ve la racconterò.

Lo fermo, lo saluto e gli chiedo come sta. Mi dice bene e mi racconta delle sue ultime prove e dei voti buoni che ha preso. Gli domando come va con i compagni, se ha fatto amicizia. Con alcuni sì, mi risponde. Ma ho fatto anche a botte, aggiunge. A botte? replico.

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Tra Surya e la supplica, tre domande 4

Domenica, ore 11:15. Scendo cinque piani di scale e salgo in auto, passando da un approfondimento yoga dedicato al saluto al sole al moto oscillatorio dei tergicristalli sul parabrezza. Poco dopo, ancora luccicante di gratitudine per Surya e i saggi indiani e la mia maestra, varco la porta a vetri di un supermercato sorprendentemente affollato.

Mentre spingo il carrello e pure qualche senso di colpa per le compere della domenica, cerco il cellulare su cui ho annotato la lista della spesa e mi accorgo di alcuni messaggi ricevuti. Tra gli altri, ce n’è uno da un numero che non conosco. Lo apro.

Giorno, sono *** abbiamo reperito il suo numero dal *** per il motivo, che i miei compagni hanno chiesto se la verifica la si può fare il martedì per poter fare un po di ripasso domani

Carrello fermo e cellulare in mano, fumo di disappunto di fronte a una fila ordinata di fagioli borlotti. (altro…)


Un’esperienza preziosa 2

Ci sono un cane e la sua morte, una gatta e i suoi tre cuccioli. C’è una ragazzina appassionata di baseball che si infila nella vita dei suoi zii e c’è una storia di alpinismo, popolata di sfide e di un giaguaro delle nevi. In Allevare un cane e altri racconti c’è, soprattutto, il tratto poetico del grande fumettista Jiro Taniguchi nel cogliere le piccolezze del quotidiano, la gioia e il dolore di cui sono fatti i giorni, l’amore verso i compagni di vita, umani e non.

I suoi romanzi grafici più riusciti, spesso scritti da solo, talvolta con l’aiuto di illustri collaboratori, sono ritratti di persone semplici, frammenti di vita vissuta, di luoghi, accadimenti, sensazioni la cui straordinarietà sta proprio nell’essere ordinari – scrive nell’introduzione Davide Castellazzi.

Tutte cinque le storie che compongono l’antologia accompagnano il lettore in un’esperienza preziosa, ma la prima novella, datata primi anni Novanta, spacca proprio il cuore. Anche di chi non vive con un animale, credo.


30. Alla frutta 2

Dopo tanta carne e qualche verdura poco etica, siamo alla frutta. Non che io abbia finito le energie, ma gli accordi sono accordi ed è ora di mettere un punto a Beatrice e altri animali (un punto e virgola, dai: magari tornerò).

Due cose, prima di salutarvi:

1. So che la prima parte era più sciocchina e carina e poi bang!, sono arrivate come una schioppettata le questioni gravose, ma sentivo l’urgenza di condividerle perché sono state il motore di un cambiamento importante, all’interno di un percorso non ancora concluso. Moltissime, infatti, le mie questioni ancora aperte.

(Tra le altre: se il vegetarismo è per me una scelta filosofica, come posso pensare di imporla al cane, che quando vede un piccione parte all’attacco (…delle briciole, ma che c’entra, la mia è una bestia pragmatica)? È peggio un maglione di lana che proviene dallo sfruttamento della pecora o uno sintetico che proviene dallo sfruttamento del petrolio? Se nella maggior parte dei luoghi che conosco o ho conosciuto per me vegetariana alimentarsi è un’impresa ardimentosa, cosa fa un vegano: un benefico digiuno intermittente? Resta sempre e solo a casa sua? Vive di eccezioni? Oppure: se mi siedo in un bar e chiedo un bicchiere di vino bianco fermo vegano, c’è la possibilità che al gestore non venga voglia di tirare fuori lo spray al peperoncino o un altro strumento di autodifesa?)

2. A mio parere, tutti dovrebbero porsi delle domande e intraprendere un cammino di consapevolezza, senza per forza raggiungere il medesimo traguardo, ma avanzando con il proprio ritmo, magari soltanto di pochi passi.

Si potrebbe iniziare riconoscendo che anche mangiare carne – e quindi animali – è una scelta, non solo l’inverso. Che gli allevamenti intensivi sono un affare sporco ma che rappresentano, in Italia e nel mondo, il modello vincente. Che non tutti i vegetariani sono strani né tutti i vegani estremisti.

Insomma…

Non sarò mai abbastanza cinico

da smettere di credere

che il mondo possa essere

migliore di com’è

Ma non sarò neanche tanto stupido

da credere che il mondo

possa crescere se non parto da me

 

P.S. Solo io potevo terminare un mese di sfinimento sui diritti degli animali con una canzone che s’intitola Costume da torero… Torero! Che disastro.