Chicca #41
– Profe, ti amo! – esclama G. d’improvviso. Spalanca le braccia, fermo di fronte a me. Mi sta offrendo un abbraccio, pare.
– Sparisci! – gli dico, con la voce severa e gli occhi che sorridono.
– Profe, ti amo! – esclama G. d’improvviso. Spalanca le braccia, fermo di fronte a me. Mi sta offrendo un abbraccio, pare.
– Sparisci! – gli dico, con la voce severa e gli occhi che sorridono.
– Allora ragazzi, com’è andato lo stage?
– Bene.
– Dai, raccontatemi che cosa avete imparato!
– Che la scuola non serve a un cazzo.
– Ah. E quali erano le vostre mansioni?
– Massoni?
– Mansioni!
– Missioni?
– I vostri compiti… I vostri incarichi…
– Fare il meccanico, no?
– Profe, ma lei è sempre così fine? È fine anche quando si arrabbia…
Nell’entrare in quinta, incrocio la collega di inglese con l’aria soddisfatta.
– Abbiamo appena finito un incontro sulla violenza contro le donne. I ragazzi sono stati bravissimi! Hanno seguito e anche interagito…
– Interagito con il loro smartphone? – chiedo io, perfida.
Un istante dopo, mi spoglio della perfidia per vestirmi di belle speranze.
– Com’è andato l’incontro, ragazzi?
– Ma ciao! Quella lì era Hitler delle femministe! Ci parlava di cose tipo dominio maschile! E poi ci ha fatto scrivere dei biglietti anonimi, ma ogni volta che ne leggeva uno diceva: chi l’ha scritto? Si alzi subito chi l’ha scritto! Era un’insoddisfatta! Una femminista! E la violenza contro gli uomini, allora?
Ne abbiamo parlato per tutta l’ora. Alla fine, ho concluso:
– Ragazzi, vi ho spiegato che cos’è il femminismo. Pensateci, allora: siamo tutti femministi.
– Ah ah ah! Siamo tutti femministi! Ah ah ah!
Come li faccio ridere io, i miei studenti, nessuno.
Un ragazzo rutta rumorosamente. La collega lo riprende. E lui:
– Cosa c’è? Se devo ruttare rutto. O no?