7. Poi, un giorno, ho deciso


Gianpazienza, bisogna riconoscerlo, non ha mai cercato di convincermi a diventare vegetariana. Mai. Diceva: “Io non faccio proselitismo” e, ad eccezione di quella storia del cimitero, parlava della questione solo se interrogato. Mi osservava mangiare qualsiasi tipo di alimento senza battere ciglio, o meglio, quando mangiavo i cachi abbassava elegantemente gli occhi perché, siamo onesti, ero uno spettacolo piuttosto disturbante. E lo sono ancora, in effetti. (Mhmm, i cachi! I cachi! Anche il galateo definisce l’unico modo corretto di mangiarli quello di tuffarcisi dentro… Così mi pare, almeno.)

Grazie alla sua silenziosa condotta, però, mi sono posta per la prima volta delle domande e ho iniziato ad avvertire disagio. Non solo di fronte a certi cibi e alle umane incoerenze, ma anche per il fatto di non essermi posta prima quelle domande.

Quando abbiamo cominciato a vivere insieme, ho smesso di comprare carne e pesce non perché me l’avesse chiesto lui, ma perché mi andava così. Fuori casa, invece, la mia alimentazione continuava ad essere onnivora.

Poi, un giorno, ho deciso.

 

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