Per una selva oscura
Queste le ultime notizie.
In mensa, mutamenti di menù hanno infiammato gli animi affamati: un trancio di pizza ha sostituito i ravioli e le crocchette di patate hanno lasciato il posto alle patatine fritte. Ancora più accesa dunque la battaglia per conquistarsi un bocconcino in più. Da accertare il numero dei feriti, oltre all’identità del genio che ha deciso il menù. Certissima invece l’incazzatura della (mia compare prediletta) Dread Prof.
In classe, la ricerca etimologica sull’intercalare pota è stata un vero successo. Il gemello Emme Cresta ne ha riportato l’esito. Per l’occasione si è levato in piedi. Petto in fuori, sguardo fiero, pennacchio aguzzo. Sorriso malandrino e tono strombazzante: Nel bergamasco e nel bresciano, “pota” significa “figa” ma oggi non si usa più con questo significato. Cioè non si può dire: “Quella tipa è proprio una bella pota!” Si dice: “Quella tipa è proprio una bella figa!” Non si può neanche dire: “Che pota grande che hai!” Si dice… L’origine triviale del termine è stata così svelata in un tripudio di trivialità. Très bien. Resta però da chiarire quale versione licenziosa di Cappuccetto Rosso abbia letto il gemello. Un’amabile vocetta ci ha poi fatto riemergere dalle bassezze, precisando: In realtà “pota” oggi introduce una pausa, per preparare la frase successiva o riprendere fiato. (Scodella Bionda, si capisce, è restato senza fiato e ha dovuto ripetere una ventina di volte pota: quale emozione, gli interventi di Elisa!)
Nel mezzo del cammin di nostra antologia, Alice nel Paese delle Meraviglie è apparsa alla cattedra, mostrando un cannocchiale giocattolo: L’ho trovato nel caos del mio letto – ha affermato, incredula. Che beeello, ho affermato io, altrettanto incredula (ma perché a me? Perché non parlarne al Cappellaio Matto, di grazia?). (altro…)