Una settimana all’insegna dell’incubo correzione temi, quella scorsa.
Profe, ha corretto i temi? Profe, ha corretto i temi? Profe, ha corretto i temi?
Come al solito, è più il pensiero del pacco di temi che il pacco in sé ad angosciare. Alcuni docenti soccombono di fronte a un tale pacco di pensiero. Davvero, chiedetelo a quella prof esausta che anni fa mi pagava per correggerli al suo posto!
In ogni caso, i temi di letteratura rischiano di essere molto noiosi. Ci sono le eccezioni, certo. C’è quello succoso succosissimo, quello che fa strillare Gianpazienza! Senti qui che roba, devo leggertelo, ma ci pensi?!, diventando così l’incubo di qualcun altro. Quello che fa esplodere in sonora risata (a metà di un collegio docenti), perché racconta del popollo, che – si sa – è il popolo un po’ pollo. Per il resto, un gran sonno. Soprattutto il venerdì sera dopo le 23, quando Gianpazienza e un pezzo di umanità mondana bighellona per locali, mentre io e un pezzo di umanità popolla ci chiediamo e richiediamo il perché della disgrazia di una scuola anche il sabato. D’un tratto, però, mi sveglio. Qualcosa di stonato mi disturba. Scorro le righe del tema, sempre più sbigottita. Torno indietro, guardo il nome dell’aspirante ragioniera che l’ha scritto. È una delle ragazze Ti schifo. Mi sto innervosendo. Apro il libro di italiano. Mi sto molto innervosendo. Il tema della diciassettenne Ti schifo è proprio lì, tra le pagine 513 e 518. Parola per parola. Un periodare complesso, un lessico ricercato, quella sconosciuta della punteggiatura. E moltissime informazioni, che chissà dov’erano quando ha fatto la verifica di storia sullo stesso argomento.
È quasi mezzanotte di venerdì e io mi sento più che nervosa, sorpresa, popolla. Mi sento offesa. Non tanto per il copiare. Siamo onesti, non potrei mai. Questo blog lo legge anche Giulietta e lei sa quante ore abbiamo speso insieme, a diciassette anni, tra bigliettini e fotocopie rimpicciolite. Lo legge pure mio fratello, a cui rubavo il libro di letteratura ogni volta che avevo un tema (in realtà non credo che si ricordi di aver avuto letteratura alle superiori, figuriamoci il libro!). Comunque. A scuola, c’è un gioco che si è ripetuto e si ripete e si ripeterà. Una cosa tipo.
Non è questo il punto. I punti di domanda sono.
Se non ha fatto neppure lo sforzo di rielaborare, la signorina Ti schifo quanto pensa che io sia stordita?
Mentre lei – meticolosa – copiava, io dov’ero? Su quale altissima frasca del baobab mi posizionavo?
E ancora. Come lei, quanti?
Ci penso un po’. Eppure sembravano tutti così…
Non proprio tutti, eh. C’è sempre qualcuno con un’espressione…
Vabbè. Meno male che il sabato arriva, portando con sé quella meraviglia delle figure retoriche. Ma fanno tossire Monetino, le figure retoriche. Lo fanno tossire e tossire e tossire. Profe, acqua! farfuglia lui. Non ti mando fuori! Poi torni con le tasche piene di Baiocchi! dico io. Profe, acqua! scongiura ancora Monetino. Vecio, conosci la favola Al lupo! Al lupo!? lo canzonano i compagni sghignazzando. Profe, la prego, prendo solo una bottiglia d’acqua! Dopo mi fa la perqua! alza quindi le mani Monetino.
Mi ha convinto. Bisogna dare fiducia ai ragazzi. È uscito e tornato poco dopo con una bottiglia d’acqua in mano, le spalle curve, le tasche piatte. Io e la mia fiducia abbiamo sorriso, senza fargli la perqua. Gliel’hanno fatta i compagni, però. E hanno trovato un pacchetto di Ringo nel cappuccio della felpa. Bastardi! Bastardi! ha sibilato lui, prima di cantilenarmi nuovi Profe, la prego!
Così è finita la settimana popolla… Sgranocchiando Ringo con gli aspiranti ragionieri.
Per dirti “ehi non smettere di scrivere e vedrai che poi esce il sole”.
Sei stato nominato:
http://scrivoperchenessunoascolta.wordpress.com/2013/03/24/guess-what-d/
un assolato grazie 🙂