Nella valigia delle supplenze finite


Nel cuore dell’estate, a più di metà strada tra il punto a capo di giugno e il punto di domanda di settembre, mi chiedo che cosa mi è restato, che cosa custodirò. Anche a piegarlo bene, non è che ci può stare un intero anno a scuola dentro la valigia delle supplenze finite. Io poi odio fare la valigia, rimando rimando, ma proprio fino all’ultimo, fino a quando Gianpazienza s’infuria e perfino io non ne posso più di come sono malfatta.

io odio fare la valigia

Non che questa volta fossi intenzionata a farla, la valigia, ma dopo aver spostato il pensiero su altro, chessò sullo studio per l’esame di glottodidattica, sull’allergia stagionale che colpisce le zampe del mio cane, su quanti minuti di Liguria ci vogliono per far cadere Gianpazienza in un’inquietante focaccia-dipendenza… E dopo aver accarezzato certe mie tristezze e aver goduto della forza di Acciaio e della grazia di Stoner, dopo Balzano e Moyes e Murakami, dopo l’INPS ritrovato e gli Einstürzende Neubauten nella notte milanese, dopo le mille piccolezze un po’ noiose un po’ preziose di cui è fatto un giorno, un mese, ormai due… Ecco, dopo due mesi di spostamenti di pensiero e piccolezze, devo arrendermi. Agli episodi, alle facce e alle voci che arrivano quando meno me l’aspetto. Ai frammenti di una supplenza finita.

Allora proviamo a farla, la famosa valigia.

andremo a Londra a fare la nostra vita

London in love

Dei ragazzi di terza, ci infilo C. che ha scritto la tesina sul cellulare, M. che non l’ha scritta proprio, O. a cui l’ha scritta la sorella e N. a cui l’ho scritta io. C’è l’emozione, mia e loro, prima dell’esame, un esame senza R., che si è bruciato l’ammissione con ostinazione sbruffona.

In valigia ci sta pure l’amore complicato tra M. bengalese e M. lombarda, lui formazione professionale, lei liceo; i genitori di lei che hanno accolto bene la relazione, i genitori di lui che non sanno nulla e non l’accetterebbero, perché non è permesso frequentare una ragazza prima del matrimonio, soprattutto se italiana e non musulmana (Ma noi andremo a Londra a fare la nostra vita, profe…)

il pettine infilzato tra i capelli

Pete Rock

Porto con me anche l’orgoglio africano dei tanti fratelli negri della scuola, il pettine infilzato tra i capelli, la musica nelle orecchie, la camminata stilosa, l’allegria e pure le lamentele quando nelle foto venivano troppo scuri.

La volta in cui per scherzo (!) un ragazzo indiano ha stretto una sciarpa intorno alla gola di un compagno, che prima è svenuto e poi è corso dal fisioterapista.

Metto via il sorriso di A. insieme ai suoi scatti d’ira, i mesi di assenza della sua insegnante di sostegno, mai sostituita, la volta in cui temeva di aver messo incinta la sua ragazza, la stanchezza per gli allenamenti di calcio ogni sera, le sue dichiarazioni: Profe, lei oggi è molto bella, quando diventerò famoso mi ricorderò di lei e la verrò a cercare dappertutto.

queste mamme di figli che volano via

Illustrazione di Nicoletta Ceccoli

Non dimenticherò gli occhi lucidi di U. mentre mi raccontava che la mamma era tornata in Pakistan o gli occhi lucidi di S. per via della mamma rimasta in Ghana e del padre che lo vuole portare a Londra dalla seconda moglie e i fratellastri (A me non piace quella donna, profe, io voglio stare qui e finire la scuola…); e non dimenticherò nemmeno gli occhi lucidi di M. quando ha scoperto che quella che credeva sua mamma non lo è, e comunque lei vive in Africa e lui in un piccolo appartamento italiano con la nuova giovane donna di suo padre e il loro neonato… (Ma quanti dolori queste mamme di figli migranti?)

Nella mia borsa very Mary Poppins trovano posto le foto di fiori e alberi di mango che B., singalese, mi mostrava quando mi vedeva provata e quegli studenti che, dopo tanto insistere, hanno imparato a bussare alla porta anziché spalancarla (per poi poter dire compiaciuti: Figa profe come sono educato!).

Ci infilo le anime gentili della scuola che hanno regalato a G. un paio di scarpe, dopo aver saputo che quando tornava a casa a pranzo se le toglieva perché le potesse infilare il fratello per uscire. Le anime gentili che nei mesi, con discrezione, hanno distribuito ai ragazzi in difficoltà abbonamenti dell’autobus, vestiti, cibo, sorrisi.

ho pianto davveroSono molte, ma proverò a farci stare anche tutte le volte in cui P. ha picchiato un compagno e quelle in cui io ho pensato di picchiare qualcuno, che sono senz’altro di più. E poi quando avrei dovuto restare seria e invece ho riso. Quando ho letto e spiegato senza quasi interruzioni un’intera novella di Verga e mi è venuto da piangere dalla gioia e quando in sala insegnanti ho pianto davvero, non di gioia ma di spavento.

In fondo alla valigia ho riposto, imbarazzata, la mattina in cui mi sono presentata a scuola con un nuovo taglio di capelli e in seconda hanno preso la cosa con pacatezza, sì sì, non è che, per dire, io abbia sentito urla e strepiti e ululati (ululati!) e non è che li abbia sentiti pure il collega della classe a fianco, che, accorso in mio aiuto, mi ha trovata ammutolita (cosa potevo dirgli, sai com’è, sono andata dal parrucchiere…?), quella mattina, insomma, in cui ho capito che se la mia chioma rinnovata può creare una reazione così scomposta sarà perché di solito vado in giro parecchio spettinata.

Hper sentirmi trasgressivao preparato poi una boccetta con la voce di quel collega che mi salutava con Buongiorno, primavera!, da riascoltare quando sono giù, e con l’odore di erba e fumi stupefacenti che avvolgeva la scuola, specialmente in prossimità dei bagni, da annusare per sentirmi trasgressiva.

Ho fatto un album con i volti dei colleghi belli, dei colleghi pazzi, di quelli che mi hanno chiesto scusa per i commenti non esattamente rispettosi che i loro allievi mi hanno rivolto.

Ho messo nella tasca delle cose importanti la volta in cui la preside non mi ha maltrattata e i progetti che ho concluso con soddisfazione, tra cui un concorso vinto. Ma se vincere dei libri, per i ragazzi, è stato davvero un premio, questo lo lascio indovinare a voi… (Dai, vi do un indizio: Macché libri… Ma quando c’è soldi, profe, quando?! mi ha chiesto M., puntuale, dalla mattina della vittoria fino all’ultimo giorno di scuola).

Una volta iniziata, è difficile chiuderla, la valigia delle supplenze finite. Eppure non è ingombrante… Ha il peso lieve e un po’ malinconico dei ricordi belli. Il sapore di un sorriso.

il sapore di un sorriso

Illustrazione di Lim Heng Swee aka ilovedoodle

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