Tirare a campà… Tra gli astuccetti


Ebbene sì. Più nolente che volente, sto iniziando a conoscere la natura dei dissapori tra i docenti. Il mio informatore – il bidello pro sci scontato – vuole mettermi in guardia. Vedrai, scoprirai, ti accorgerai…, ripete. Il suo consiglio è chiaro: tu stai sulle tue. La morale, anche: qui se tira a campà. In mensa però è dura tirare a campà, durissima. Lì è vietato parlare. Bisogna urlare. Solo io e la dread-prof possiamo fare un’eccezione, conversando a un tono normale. Ma è tutto un imbroglio perché non ci sentiamo, siamo come pesci rossi in un acquario assordante: le nostre labbra si muovono ma non ci arriva alcun suono. Solo gli strilli dei mocciosi che potrebbero uccidere per una crocchetta di patate. Bisognerebbe eliminarle dai menù scolastici, le crocchette di patate. Davvero.
In classe, invece, tirare a campà sembra possibile. 3Oggi abbiamo letto alcuni brani – ritratti di ragazzini – e ne abbiamo discusso. Per trarne che. Entrambi i gemelli (copione! copione te!) avrebbero preferito chiamarsi Nicolò o Nicola o Nicolas. Jessica avrebbe voluto essere Jennifer e il bambino minuscolo tutto dentoni, Ugo (perché è un nome corto). Per quanto riguarda i soprannomi, ho capito che ci sono diversi nani e germi in circolazione, più qualche castoro. Anche un Asdrubale (femmina) e una Genoveffa (maschio). Nonché un’Apparecchia (perché porto tre apparecchi, uno sopra uno sotto uno di notte). In compenso, nessun Ciccio Bomba ha fiatato. Una bambina, che il primo giorno avevo preso per un maschio, alla fine si è avvicinata, chiedendomi: Te vuoi essere un ragazzo o una ragazza? Io un ragazzo ma non posso dirlo agli altri sennò mi prendono in giro. Allora, te chi vuoi essere? Speriamo che non abbia un futuro troppo complicato, mi è venuto da pensare. Dopo un po’, rieccola: Te hai animali? Io sì, un cane, una tartaruga e un criceto che è morto. E di nuovo. Te hai tatuaggi dappertutto e piercing qui dietro?, mio fratello sì. E ancora. Te hai mal di gambe?, io sì. Il mio presente sta diventando troppo (fottutamente) complicato, mi è venuto da pensare a qual punto. Ma ancora non conoscevo il mio futuro prossimo: un pomeriggio da sola (causa improvvise assenze di docenti) con una quarantina di ragazzini urlanti, ma quando dico urlanti intendo URLANTI, intendo STRASTRASTRAURLANTI! Di nuovo in mensa, l’unica sala che poteva contenerci tutti. Bellissimo, il cartellone che abbiamo fatto. È solo che mai avrei immaginato che un cartellone implicasse, oltre ai soliti strilli, tante domande…. Profe, posso andare in classe a prendere la penna, il pennarello, il quaderno, il foglio, la forbice, la felpa, l’astuccio, l’astuccetto? Posso andare in classe a riportare la penna, il pennarello, il quaderno, il foglio, la forbice, la felpa, l’astuccio, l’astuccetto? Possiamo andare in bagno a bere? Sì sì in due! Possiamo andare in bagno a fare la pipì? Sì sì in due! Possiamo mettere via? Possiamo andare?
Dovrebbero eliminarle, a scuola, le domande. Le domande, le crocchette di patate e, soprattutto, gli astuccetti…!

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