Dietro le sbarre 2


Si parlava di posti non esattamente ambiti e di chi se li piglia esclamando: Fantastico! Quali sono state allora le piccole grandi scoperte da quando sono dentro?

Dunque.

L’istituto penitenziario dove insegno è sia casa circondariale (per persone in attesa di giudizio o condannate a pene inferiori ai tre o cinque anni) sia casa di reclusione (per l’espiazione delle pene) e ospita una sezione femminile e una maschile.

In classe, le donne e gli uomini, di età compresa tra i venti e gli oltre sessant’anni, non possono sedersi vicini né nella stessa fila: 007 infatti pretende che gli uomini stiano davanti e le donne dietro (ma non è che 007 sia sempre presente, per fortuna); inoltre ogni classe ospita due corsi di studi diversi e pure diverse annualità, quindi contemporaneamente bisogna portare avanti percorsi differenziati. Riassumendo: pluriclassi (in una il biennio, nell’altra il triennio) miste (uomini e donne ma da tenere separati): non so che cosa ne pensi James Bond, ma vi assicuro che non è semplice fare lezione così.

Nelle aule, la parete che dà sul corridoio è trasparente, in modo che sia possibile la sorveglianza da parte degli agenti (che, attenzione, bisogna chiamare agenti o assistenti e non guardie o secondini o sbirri). È stata inoltre predisposta l’installazione di telecamere dappertutto, anche nelle classi: tre buchi per aula attendono ora di essere riempiti dagli occhi curiosi del Grande Fratello.

E ancora.

La scuola in carcere è piena di baccano.

“Vacarme” di Gaetan Doremus

Di colpi improvvisi di ferraglia, perché c’è sempre chi controlla un’eventuale manomissione delle sbarre, ma anche di urla: sono gli agenti che dal corridoio chiamano a gran voce gli studenti ai loro appuntamenti… La visita dal medico o dal dentista (più che dentista… macellaio! assassino!), il colloquio con l’avvocato o la famiglia o gli educatori, la consegna del vitto e altro ancora.

La scuola in carcere necessita di un lento percorso per essere raggiunta, fatto di stretti corridoi da attraversare e molte porte davanti a cui attendere (talvolta un istante, talvolta parecchio… Chissà poi perché, essendo gli agenti sempre lì dietro). Per aprire queste barriere, tra l’altro, ci vogliono le stesse chiavi usate dallo Sceriffo di Nottingham: giganti!

E infine ci sono loro, gli studenti. Di questi mi ha colpito subito il rispetto e l’educazione con cui interagiscono con gli insegnanti, sarà per l’età o perché hanno scelto consapevolmente di frequentare la scuola e non la subiscono come fosse una condanna, cosa che accade di tanto in tanto tra gli studenti non detenuti (forse bisognerebbe riflettere su questo: fuori, la scuola come pena inflitta; dentro, la scuola come evasione dalla pena…).

L’aspetto più sbalorditivo, comunque, è la normalità delle persone. Non so che cosa mi aspettassi prima di quest’esperienza, forse che i detenuti avessero tutti facce da gangster e muscoli erculei, che fossero orchesse e stregoni o creature mostruose con chiome di serpenti e tre file di denti e occhi di fuoco ed enormi zanne… O magari che fossero usciti dal tratto visionario di un illustratore cileno.

Illustrazione di Romo Torres

Può darsi. Fatto sta che i miei studenti hanno facce che potrebbero essere la mia e la vostra e quella del vicino. Del vigile urbano, dell’impiegata, del prete. La faccia di un bancario, di uno studente, di una disoccupata. Di uno che in un bar gioca alle slot machine o di quello che gestisce un bar con le slot machine. Di un senzatetto, ma anche di quello che ne ha sette, di tetti di proprietà. Hanno la faccia di chi è meglio non avvicinare, dentro un pub la sera, o di chi ogni giorno vorresti incontrare.

Lo so, è terribilmente deludente, ma i detenuti che ho conosciuto non mi pare che abbiano, per la maggior parte, facce da brutti ceffi. Piuttosto un’aria provata. D’altronde, scriveva Cesare Beccaria, l’animo nostro resiste più alla violenza ed agli estremi ma passeggieri dolori che al tempo ed all’incessante noia; perché egli può per dir così condensar tutto se stesso per un momento per respinger i primi, ma la vigorosa di lui elasticità non basta a resistere alla lunga e ripetuta azione dei secondi.

Ed è proprio di persone dall’aria provata e l’animo sospeso nell’incessante noia che vorrei parlarvi, prima o poi.


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