Un frate di tre cotte (2)


Tanta gente ha pianto. Ma la vita è bella, nonostante loro abbiano mancato una parte di corpo. Così il frate con gli occhi a mandorla commenta il video che mi ha invitato a vedere: due ballerini cinesi – lui senza una gamba, lei senza un braccio – che danzano sulle note di una musica struggente.
E ancora.
Io mi domando: io ho braccia e gambe in corpo forte, ma non so fare tante cose. Lui sa fare tante cose. La vita è così. Il lui di cui parla Fra Mandorla è il protagonista di un altro video: un giovane uomo australiano nato senza arti che va in giro per il mondo a fare spettacoli per raccontare a un pubblico commosso la sua storia, la sua forza, la sua morale: la vita è bella, io sono felice nonostante.
Insomma, è chiaro: Fra Mandorla sta tentando di rieducarmi. E io sospiro di nostalgia rievocando i giorni in cui andavo in visibilio per i suoi filmati di danze tradizionali, piene di sorrisi e paillettes (la nostra è una cultura molto gioiosa), o di festeggiamenti per il nuovo anno sotto il segno di bestioni fluo: io, il kitsch, lo adoro!

dragoIl nostro, allora, era uno scambio equo: lui mi faceva vedere una foto della sua famiglia e io una della mia. Lui un’immagine di un’amica suora con in braccio un bimbo e in testa il berretto di Babbo Natale, io una foto del mio cane con quegli occhi che ehi tu, c’avresti mica una crocchetta? Bei tempi. Andati, ahimè. Spazzati via da pochi istanti di interrogazione. Tu quale giorno vai in chiesa? (chiesa?) Tu non sai chiesa cattolica? (cattolica?) Tu sei battessata? (battezzata?) E parenti? Tuo fratello anche battessato? Da lì lo smarrimento (suo) e poi un percorso rieducativo (tutto per me) affinché io prenda coscienza, per esempio, di quanta ricchezza d’umanità possa accogliere il nostro creato, di come la deformità di membra possa corrispondere a un’elevatezza d’animo. O, viceversa, di come la nuova madre superiora non è buona persona: lei ha occhi come l’aquila . Io gli sono grata per le buone intenzioni, ma continuo a preferire il capitolo frasi fatte. Che comunque! Io vedo con gli occhi del cuore – mi svela Fra Mandorla con una certa solennità – e tu sai piantare grane? E piantare carote? E piantare melo? Io, purtroppo, non so piantare melo né carote e neanche zucchino, però mi consolo con l’immagine di un gruppo di frati che al crepuscolo desinano insieme in un lindo refettorio (la tovaglia bianchissima, i piatti con il bordo in oro, il cucchiaio per la zuppa) e si dilettano a insegnare minchiate (corbellerie) al giovane confratello straniero (davanti a un bicchiere di rosso) (a un generoso bicchiere di rosso, via). Ma basta divagare, Fra Mandorla mi sta nuovamente questionando. Tu cosa hai pensato di morte al funerale di nonna? Tu hai pianto? Tu quando hai pianto? Tu hai pianto come vitello tagliato? Mi guarda, ascolta le mie traballanti risposte, tace, riflette. Poi sentenzia: Nonna aveva fatto quattro stagioni, per lei arrivato inverno.
Nonna, inverno, quattro stagioni… Che uomo, Fra Mandorla! In una frase stringata svestita di articoli, almeno tre immagini commoventi… Il viso antico della nonna che c’era e non c’è più; un albero spoglio sotto un cielo carico di neve; una pizza fumante.

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