Beatrice e altri animali


26. E non c’è abbastanza terra

E poi e poi: qual è l’impatto sull’ambiente della produzione industriale di carne?

Secondo la Fao, un quarto delle terre non coperte di ghiacci del pianeta è usato per far pascolare il bestiame e un terzo dei terreni coltivabili per produrre cibo per alimentarlo. L’allevamento è responsabile del 14,5 per cento delle emissioni globali di gas serra, alla pari di treni, automobili, navi e aeroplani messi insieme. Ottenere un chilo di carne inoltre richiede quindicimila litri di acqua, mentre un chilo di cereali mille.

Allevare bestiame domestico, in particolare bovini, non solo mina l’equilibrio ambientale, ma addirittura mette a rischio la sopravvivenza dell’umanità. A questo proposito, mi ha colpito un articolo apparso su Internazionale (n. 1255) a firma di George Monbiot, che parte dalla seguente domanda: da dove verrà il cibo?

Premettendo che la produzione mondiale di carne è quadruplicata in cinquant’anni e che, con l’aumento dei redditi, le persone tendono a preferire le proteine animali a quelle vegetali, il giornalista inglese scrive: “Posti straordinari come le foreste pluviali del Madagascar e del Brasile vengono rasi al suolo per fare spazio ad altro bestiame. Una transazione globale al consumo di carne vuol dire sottrarre cibo ai più poveri e il collasso ecologico di quasi tutto il pianeta. Il cambiamento di dieta sarebbe difficile da sostenere anche se la popolazione umana non dovesse crescere. Ma più aumenteranno gli abitanti del pianeta, più aumenterà la fame provocata dal consumo di carne. Prendendo come riferimento il 2010, le Nazioni Unite prevedono che il consumo di carne aumenterà del 70 per cento entro il 2030 (a un ritmo tre volte superiore all’aumento della popolazione). In parte anche per questo motivo, la domanda globale di colture potrebbe raddoppiare entro il 2050 (rispetto al 2005). E non c’è abbastanza terra.”


25. Il Chakra della Murgia

Ricca di spunti per riflettere sulle conseguenze delle nostre scelte alimentari è la puntata dell’ottobre scorso Carnivori contro vegani  del programma Chakra di Michela Murgia, andato in onda su Rai Tre.

Gli ospiti sono il conduttore radiofonico Giuseppe Cruciani, che promuove il suo ultimo libro dal sobrio titolo I fasciovegani, lo chef Pietro Leemann, il primo a ricevere una stella Michelin per la sua cucina vegetariana e vegana, e lo scrittore Carlo D’Amicis, che ha scritto Quando eravamo prede, un interessante romanzo che ha inquietato la Murgia e pure Gianpazienza (tra un po’ forse anche me).

Ecco i miei cinque perché vale la pena vedere questa puntata:

  1. Per entusiasmarsi davanti agli interventi di una Murgia tutta spessore e acutezza (“Quando vedo una bestia che per sopravvivere posso non mangiare, la questione del perché la mangio io me la devo porre”);
  2. Per osservare un Cruciani come sempre provocatorio (“Chi mangia gli animali, chi li caccia, li ama molto di più dei vegani”), ma eccezionalmente non urlante;
  3. Per ascoltare Leemann fare una citazione in latino e sbagliarla ricordare come nella tradizione italiana c’erano tantissimi piatti vegetariani ora poco considerati;
  4. Per ragionare sulla tesi di D’Amicis: mangiamo carne per una sorta di complesso d’inferiorità verso gli animali, per cercare di prenderne l’elemento di forza, di selvaggio, di aggressività che ci manca;
  5. Per non perdersi gli sguardi interrogativi che la Murgia rivolge a Cruciani prima di arrendersi: “Non capisco la logica”.

24. La valle da un milione di polli

L’ultima puntata di Animali come noi s’intitola Cose mai viste innanzitutto perché Giulia Innocenzi segue un’operazione di liberazione di animali ad opera di Alf, Animal Liberation Front, considerata dal Consiglio d’Europa un’organizzazione terroristica e ne intervista alcuni esponenti (“Tutti gli animali, tutti gli esseri nascono liberi e nessuno si deve arrogare il diritto di togliere la libertà e decidere della loro vita” dicono).

La giornalista, con un attivista dell’organizzazione Essere animali, entra quindi in un capannone zeppo di tacchini (diecimila), parla con un camionista che trasporta galline (8.928) e osserva da fuori uno stabilimento composto da sei piani di polli (centoventimila), in una valle in cui ne si allevano fino a un milione (un milione!).

Le immagini poi si tingono d’orrore, mostrando le violenze e le pratiche illegali compiute in un macello in provincia di Frosinone e riprese dalle telecamere nascoste dell’unità investigativa Free John Doe.

Ultima cosa mai vista, il confronto con Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, che sostiene che i controlli italiani sono tra i migliori al mondo, ma ci sono sempre le eccezioni negative, un po’ come le maestre che picchiano i bambini. Il segreto, dice, è comportarci bene con tutti gli esseri senzienti e non senzienti, perché un giorno scopriremo che anche i vegetali provano delle emozioni. Non che voglia prendere in giro i vegani, Farinetti, ma perché bisogna essere così razzisti da pensare che i vegetali non abbiano una vita? Eh?


23. Il selfie col fagiano 2

La caccia, l’allevamento di visioni e gli animalisti sono i temi della quinta puntata di Animali come noi.

Incredibile ma vero, quello dei visoni è un mercato in crescita e, nell’allevamento veneto visitato dalla giornalista Giulia Innocenzi, gli animali vivono in gabbie di lusso circondate da un impianto di sicurezza antianimalisti. A proposito di animalisti, vederli fuori dalla Fiera della caccia di Vicenza – richiusi in una gabbia di transenne – a urlare a chi entra cose come sto muso de merda maniaci depravati brutto come la morte cornuto quella troia di tua madre ti fai le seghe con le nostre foto hai rubato lo scopino del cesso per mettertelo in testa fa un effetto triste di possibilità mancata.

Per quanto riguarda i cacciatori, per me rappresentano una categoria incomprensibile. Oggi, intendo. Se vivessimo nell’epoca precedente la rivoluzione agricola del Neolitico, è chiaro che capirei. È chiaro che direi a Gianpazienza: “Caro, stamane raccoglierò per te i più pregiati vegetali spontanei, ma tu portami della saporita selvaggina ché abbiamo appena scoperto il fuoco e non vedo l’ora di fare un barbecue insieme all’amica G.” Ah, oggi si caccia per divertimento, per immergersi nella natura? Ma i cacciatori non potrebbero divertirsi in altro modo, per esempio facendo una gita nei boschi con i loro cani e imbracciando un binocolo, anziché il fucile, quando vedono un animale? O una macchina fotografica? Dai, va bene pure un cellulare, per tentare il famoso selfie col fagiano.


22. Non sembra essere cambiato nulla

Al centro della quarta puntata di Animali come noi c’è un Macello all’italiana, ossia la vicenda Italcarni di Ghedi (in provincia di Brescia), sequestrato nel 2015 dalla procura, che ha filmato ciò che succedeva all’interno dello stabilimento. Da qui un processo per maltrattamenti sugli animali (mucche a terra trascinate alla linea di macellazione con catene e muletto) e carne contaminata (venduta con carica batterica 50 volte superiore a quella legale), che si è chiuso nel febbraio 2017 con quattro patteggiamenti (l’amministratore del macello e tre dipendenti) e due condanne (i veterinari dell’Ats).

Gli aspetti più sorprendenti, a mio parere, sono tre:

  1. Il sindaco di Ghedi è il cognato del proprietario di Italcarni, che ha la convenzione con il comune; il comune non ha mai chiesto la documentazione sul caso né messo in discussione la convenzione;
  2. Dopo lo scandalo non sembra essere cambiato nulla: il macello ha riaperto con il nuovo nome Adm ed è gestito dalla moglie e dalla mamma dell’ex amministratore di Italcarni; i veterinari condannati lavorano ancora per l’Ats;
  3. L’unica che ci ha rimesso è la veterinaria che ha denunciato le illegalità, che ha ricevuto un provvedimento disciplinare dell’Ats per danno di immagine.

Sulla sofferenza animale e i rischi per la salute umana, che dire? Sorprendono?